Ovunque andrò è un romanzo che non mi aspettavo. Ho sempre associato questa scrittrice ai casi di Viola Guarino, anatomopatologa, e del procuratore Ferrara: lei sulla Ducati, lui che indaga, appena trasferitosi da Napoli a Matera.
Invece la partenza è addirittura a Pechino dove, dai piani centrali di un grattacielo, una massa nera e scomposta fa un lungo volo – ottantun piani – fino a sfracellarsi sull’asfalto. Quella massa è Raniero Monforti, imprenditore, conosciuto uomo d’affari e amante delle belle donne, ultimo custode con la moglie Tania, di una rinomata azienda di famiglia.
Può sembrare una svolta, rispetto ai romanzi precedenti, ma non ne sono convinta. È vero che il thriller diventa una saga familiare, che parte dall’Italia, e che non c’è la Guarino che vola sulla sua moto, ma la matrice profonda è conservata. È un po’ come se l’autrice si fosse presa uno spazio per sé, per avvicinarsi al lettore in altro modo. Ci sono le sue origini, le storie ricostruite con la ricerca e la memoria.
C’è sempre il sospetto – omicidio o suicidio? – e c’è il sospettato o, meglio, la sospettata: Tania, la moglie di Ranieri.
In attesa della sentenza è proprio con lei, con la narrazione in prima persona, che nella nostra avventura letteraria attraversiamo, insieme alla vita dei Monforti, tutto il Novecento. Partiamo da un paese lucano diviso in due da una frana, e ne conosciamo i personaggi e le origini: agricoltori, professionisti imprenditori.
La trama si snoda in tempi e località diverse, con un utilizzo del linguaggio che passa dal dialetto a termini più tipici, appartenenti al registro degli imprenditori, degli industriali. Lo sfondo è ricostruito con estrema precisione e ricchezza, con immagini che difficilmente si dimenticano perché vive, fatte di colori, di profumi, di sentimenti che l’autrice permette di condividere mentre aspetta il verdetto.
Sì, alla fine il senso di aver viaggiato all’interno di una lunga saga familiare prevale, rispetto al giallo che aspettavamo, ma è proprio questa la forza del nuovo lavoro di Piera Carlomagno. Ci ha chiesto un impegno; quello di seguirla ovunque, quando visita San Pietro la prima volta, quando piange sulle note del Nabucco, quando supera la solitudine con solitari orgasmi.
E l’impegno è ripagato, perché riceviamo in cambio una grande e avvincente storia italiana dove gli eventi sociali, politici e sportivi di cui il Novecento è ricco, fanno da sfondo mescolandosi alle storie famigliari.
Prendiamoci questo tempo e ascoltiamo la voce di Tania mentre, con lei, attendiamo la sentenza della Corte d’Assise.