Per scrivere il suo ultimo thriller, Thilliez ha abbandonato la familiare terra francese e ha condotto il lettore in uno dei luoghi più estremi ( e affascinanti) della terra: il Grande Nord canadese, in particolare a Norferville, un piccolo paese minerario isolato a 800 chilometri dalla città più vicina, Sept -Iles, con cui comunica attraverso un treno che impiega 13 ore a coprire la tratta. Sarà in questo villaggio sperduto che il criminologo Teddy Schaffran potrà ritrovare, dopo anni di distacco e lontananza, sua figlia Morgane, uccisa brutalmente da qualcosa o qualcuno di mostruoso. Arrivato da Lione, l’uomo s’imbatterà in una comunità chiusa, in una polizia violenta che fa rispettare la legge con le buone e con le cattive, in nativi innu mai integrati con la cultura canadese. Accanto a lui, la tenente Léonie, che da Norferville è fuggita con l’illusione di abbandonarla per sempre, cercherà di scoprire l’assassino di Morgane, mentre a poco a poco emergeranno dall’ombra delitti e fantasmi che nessuno ha interesse a portare alla luce.
Thilliez, in questo romanzo, ha scelto di affrontare tematiche che ancora oggi provocano lacerazione in Canada, cioè gli scontri tra i bianchi e la popolazione autoctona degli innu, stanziata nella penisola del Labrador nella zona del Quebec, nelle riserve del Nitassinan. Solo da poco sono emersi i soprusi compiuti dai canadesi ai danni di queste genti, soprattutto delle donne, sottoposte a violenze e stupri, ma gli abusi non sono stati solo fisici, bensì sociali e ideologici. La ricchezza portata dalle ricche miniere di ferro ha costretto la popolazione originaria ad abbandonare i grandi spazi delle lande dove vivevano di caccia e di pesca e le ha confinate nelle riserve, dove l’alcol, la droga, la solitudine hanno decimato giovani e vecchi, nostalgici di una libertà che è stata loro rubata.
Thilliez porta il lettore all’interno di questo inferno, in cui persino i dominatori sono vittime di una natura inclemente, di un freddo che raggiunge i 40 gradi sotto zero, del blizzard, il vento polare, che soffia impietoso il suo fiato gelido, terribile come un mostro ancestrale.
Il vero protagonista di questo ottimo thriller è proprio il freddo, anzi il gelo, emblema della forza di una natura estrema con cui i nativi erano riusciti a stringere un faticoso patto, infranto dalla brama di ricchezza e da un pericoloso progresso. Norferville (un paese immaginario, ma quanto mai reale) è chiusa nella morsa del freddo e della solitudine, è un carcere che racchiude i buoni e i cattivi, dove le passioni e gli istinti primordiali prevalgono, con la complicità del vuoto ( di vie di comunicazione, di terre fertili, di contatti umani) che la circonda.
Léonie e Teddy, i protagonisti, segnati da profonde ferite nell’anima che non hanno però piegato la rettitudine della loro coscienza, diventano emblemi di un’umanità che non abbandona la ragione e che sa rispettare la potenza della natura e i diritti che essa reclama.