Il paese delle storie dimenticate. E’ così che Patrick Fogli si riferisce all’Italia nel suo ultimo lavoro “Non voglio il silenzio”, scritto a quattro mani con il giornalista d’inchiesta Ferruccio Pinotti.
E infatti la mano dell’autore di “La lobby di Dio” e altri saggi sui rapporti tra potere politico, potere economico, Vaticano e criminalità organizzata, è in questo romanzo ben visibile, tanto da farlo diventare un “romanzo d’inchiesta” che si propone di evidenziare quella linea sottile ma netta che unisce Mafia, politica, alta finanza e Massoneria.
Focalizzando l’attenzione su un ben preciso periodo storico, i primi anni ’90, l’indagine del protagonista senza nome si snoda tra il crollo del muro di Berlino e l’avvento di quella Seconda Repubblica che tutti, dopo Tangentopoli, invocano. In mezzo, le stragi di Mafia, la Falange Armata, Falcone e Borsellino. Partendo proprio da questo attentato, il più strano, l’ultimo della serie, con troppe coincidenze, un colpevole troppo scontato e soprattutto troppi Servizi Segreti di mezzo (“Troppo Stato”, direbbe il protagonista), gli autori cercano di dipanare quell’aggrovigliata matassa che sono i legami tra uomini di Stato, uomini di Mafia, massoni, vittime e carnefici, provando ad attenuare quella coltre di nebbia che non consente di distinguere gli uni dagli altri.
Il risultato è un thriller atipico in cui l’azione non la fanno i personaggi in sé bensì i loro racconti, che disegnano un puzzle di rapporti di potere, scambi di denaro, acquisizioni di società, bombe e morti sospette in cui tutto è chiaro ma nulla è verificabile. Sullo sfondo, coloro che con le armi del terrore si battono affinché la verità rimanga sepolta sotto la polvere di anni e bugie. Del resto la verità, in questo Paese delle storie dimenticate, non è altro che l’ennesima storia che nessuno riuscirà mai a dimostrare.