L’ombra sul colosso. La prima indagine del commissario Villata
Brescia, autunno 1932, anno X dell’Era Fascista.
Da giorni la città è in fermento per l’ attesa venuta di Mussolini, in occasione dell’inaugurazione di Piazza della Vittoria.
Si provvede a metter in bella luce strade e facciate. Tutto dovrà essere vagliato e posto sotto controllo. Via dalla vista dei potenti magagne e storture, tutte le prevedibili misure di sicurezza messe in opera, con la polizia allertata, scattante e pronta a intervenire ma, ohimè, non sempre tutte le ciambelle riescono con il buco. Qualcosa può sempre andare storto.
Pochi giorni prima infatti dell’atteso evento, il 16 ottobre, alle due circa di una notte quasi da lupi , fredda e ventosa, una coppia di passaggio ha notato il cadavere di una ragazza, barbaramente assassinata, abbandonato proprio davanti all’arengario vicino al Colosso, la celebre scultura di Arturo Dazzi, non ancora completata. Destinata ad abbellire la moderna piazza , l’inaugurazione dell’immensa opera marmorea rappresenta il simbolico fulcro della piazza, destinata ad accogliere la trionfale visita bresciana del duce.
Il colpevole, o un qualsivoglia colpevole, dovrà assolutamente essere arrestato prima dell’arrivo del Duce, ragion per cui il caso, o per meglio dire l’arduo compito, verrà affidato al commissario della pubblica sicurezza Fulvio Villata, detto Il Mastino.
La fama di Villata, merito di altri casi felicemente risolti in precedenza, di poter riuscire ad agganciare sempre ogni traccia senza mai mollare, gli regala ampia possibilità di manovra, ma il suo non essere legato al regime gli preclude ogni possibilità di fare ulteriormente carriera A supporto nella sua indagine potrà contare sul giovanile impeto del politicamente ingenuo agente Ferri, sulla visione esterna e smaliziata del giornalista amico Mattia Moro, in forza al Popolo di Brescia e sull’apertura mentale del dottor Calligaris, medico legale dalla cultura poliedrica e fonte di utili e immediate informazioni. Come prima cosa Calligaris infatti determinerà che l’assassino della ragazza era qualcuno che sapeva come farlo in modo professionale, voleva farlo e l’ha fatto, spezzandole il collo con una mossa sola.
Appurato dunque come la vittima sia stata uccisa, con il cadavere ancora quasi caldo, bisogna cercare di scoprire la sua identità e provare a ricostruire i possibili preliminari e i fatti.
Formulando svariate congetture che lo portano ad allargare le indagini e di conseguenza il bersaglio alla caccia di potenziali testimoni del fattaccio, visto il luogo del ritrovamento, il commissario Villata si troverà ad allargare sempre più il quadro delle investigazioni II tempo incalza e con il tempo un vortice di morte perché l’assassino attacca senza pietà e, con una lunga scia di sangue, colpisce ancora, apparentemente a caso. E invece pian piano verrà fuori che dietro quella furia omicida si cela un sottile ma crudele filo di vendetta legato al passato. Districandosi nei meandri della memoria di orribili torti rimasti impuniti, con un azzardato salto temporale nelle trincee della Prima guerra mondiale, il Mastino dovrà muoversi con il fiato sul collo della prefettura, giocando quasi a nascondino con una specie di fantasma che pare inafferrabile, fino ad arrivare alla soluzione del caso e riuscire a incastrare il colpevole.
Molto interessante la ricostruzione storica dell’incontro del commissario Villata con Arturo Dazzi che ci rimanda alle sue grandi opere e all’ intrigante personalità dello scultore e quella dell’amichevole rapporto del dottor Calligaris con il celebre autore di Addio alle Armi, Ernest Hemingway, arruolato come autista di ambulanze volontario nelle fila dell’esercito italiano dove venne ferito nel 1918.
N.B. La statua del Colosso di Piazza Vittoria fu rimossa nel 1945 e nonostante i recenti restauari non ha ancora trovato una nuova collocazione