Lo stato delle anime è il romanzo con cui il medico oculista Giorgio Todde (scomparso nel 2020 a causa di una lunga e incurabile malattia) esordì come scrittore nel 2001. Un racconto che vede il debutto del personaggio di Efisio Marini, un imbalsamatore realmente esistito tra il 1835 e il 1900, conosciuto anche come “il Pietrificatore” per i suoi studi riguardo alla conservazione dei cadaveri e delle loro parti anatomiche. La saga dei romanzi dedicati ad Efisio Marini si concluderà nel 2019 con “Il mantello del fuggitivo”.
“Efisio è sottile e nervoso, i capelli ancora neri, lisci e ordinati, olivastro, gli occhi a punta e scuri, dritto ed elegante sotto la polvere del viaggio.”
Il libro è presentato da una prefazione di un illustre nome del panorama letterario italiano, Giancarlo De Cataldo, che analizza la storia, i luoghi, i personaggi, lo stile narrativo, tessendo con giusta ragione le lodi del buon Todde, regalandoci un suo ricordo personale con un filo di malinconia: “Peccato averlo perso, quest’uomo solido e gentile, un vero true believer nel potere della cultura”.
Ma veniamo alla vera e propria trama. Cos’è Lo stato delle anime? Si può dire che sia il conteggio degli abitanti di Abinei, un paese situato sui monti della Sardegna orientale. Il numero resta invariato da anni, quasi che una sorta di mano divina decida che quando qualcuno nasce, qualcun altro deve morire. Chi tiene il conto è il parroco del paese, don Càvili.
“Sì, è una teoria del nostro parroco che mischia la matematica con tutto. Dice che il censimento da noi è inutile, tanto il numero di tutti gli esseri viventi ad Abinei è immutabile per volere di Dio. Per ogni morto un nuovo nato. È una idea da eccentrico ma, sai, i numeri gli danno ragione.”
Quando però Milena Arras, l’anziana e ricca vedova del Notaio, muore in strane circostanze – mentre, allo stesso tempo, una donna dà alla luce due gemelli – gli equilibri si scombinano. La morte della donna non pare naturale e quindi Pierluigi Dehonis, il medico, interpella l’amico nonché compagno di studi Efisio Marini, e lo invita al paesello per chiarire il quadro della situazione attraverso l’utilizzo delle sue tecniche autoptiche.
È proprio descrivendo il momento della morte di Milena che Todde consacra la sua particolare tecnica narrativa che necessita davvero di “poche, riuscitissime righe”, come dice De Cataldo.
“La paura, sbucata dalla terra per lei, le lascia la sua smorfia in faccia al momento del trapasso brusco, senza nessun segno di rassegnazione, senza neanche un angolino del viso che dica: Ecco, mi sono lasciata portare via, vado, vado…”
E ancora, l’autore non illustra semplicemente il lavoro del Pietrificatore, ma lo narra in una maniera che riesce a rendere poetica persino una autopsia.
“Metodico, abile e anche compiaciuto – almeno così sembra al prete – Marini inizia il lavoro incidendo con un unico gesto, una grande pennellata, il tronco gelato di Milena da sotto il mento sino al pube, disegnando una linea che a don Càvili sembra un segno infinito di disgrazia.”
Una volta chiarito che la morte della povera Milena non è stata accidentale, i sospetti ricadono su Graziana, la bellissima figlia del Notaio. Ma è nel momento in cui si susseguono altre morti sempre più equivoche che comincia il lavoro del detective Marini, che, grazie alle sue capacità investigative e alla sua estrema intelligenza, riuscirà ad addentrarsi nei meandri delle menti dei responsabili e, con la sua caparbietà e il suo carattere imperscrutabile, troverà tutte le risposte e risolverà il caso.
Giorgio Todde con il suo romanzo riesce a trasportare il lettore nell’Ottocento, in una terra arida, faticosa e difficile, popolata da figure singolari ed individui eccentrici. La decisione di scegliere come protagonista principale questo particolare personaggio storico può risultare macabra, ma se si osserva da un altro punto di vista, la scelta è stata quanto meno coraggiosa, perché Efisio Marini sa il fatto suo e l’autore gli ha conferito un carattere forte e una intelligenza sopra la media.
“Ora mi guardate come mi guardano nel mio quartiere, con gli stessi occhi, come si guarda un negromante! Io sono fuggito dal natio borgo selvaggio dove ero condannato a essere deriso… Sono un uomo di scienza come voi e perseguo un’idea, un’idea! Non esocrizzo la morte… studio gli stati di aggregazione della materia… non fabbrico l’homunculus…”
Lo stato delle anime è un romanzo breve che definire thriller o noir è davvero un po’ troppo riduttivo. È una lettura estremamente godibile, proposta con una maniera di raccontare molto lineare e priva di fronzoli, l’intreccio narrativo va dritto al punto e non si perde in inutili divagazioni. Si tratta di un piccolo diamante che brilla nel panorama della narrativa italiana, riportato giustamente alla luce anche per ricordare Giorgio Todde, un autore nostrano che non va dimenticato.