
Edward Gorey
L’ultimo caso di Miss Awdrey-Gore
Adelphi
Adelphi, editrice raffinata e prestigiosa, di certo non disdegna gialli e thriller per mero pregiudizio, anzi, basti pensare alle riedizioni dei libri di Simenon e Sciascia e a quel capolavoro mystery-horror di fantascienza cosmica che è Attraverso la notte di William Sloane, un Lovecraft che non ha bisogno di effetti speciali. E l’editrice non ha nemmeno pregiudizi nei confronti della letteratura per l’infanzia, come attesta la collana “i cavoli a merenda”, che prende il nome dal titolo di un libro di Sergio Tofano, creatore del Signor Bonaventura, indimenticabile personaggio del “Corriere dei Piccoli” (la spiegazione è a beneficio dei nostri lettori più giovani che potrebbero non conoscere un giornale e un character, diremmo oggi, che fanno parte della storia e della cultura dell’infanzia italiana dell’epoca, la prima metà del Novecento).
Il cinquantaduesimo titolo della collana è L’ultimo caso di Miss Awdrey-Gore di Edward St. John Gorey (1925–2000), scrittore e illustratore statunitense celebre per i suoi albi dall’irresistibile umorismo macabro, che fa capolino anche stavolta. La storia può sembrare semplice, ma non è così: all’alba al termine della notte di Santo Spasmo il corpo senza vita di Miss D. Awdrey-Gore, popolare e prolifica giallista di novantasette anni, è ritrovata dentro una fontana secca, seduta dritta come un fuso su una sedia da ballo dorata, più vari altri dettagli. Qualche anno prima nella stessa notte la signora era stata protagonista di una enigmatica scomparsa, e questo forse potrebbe spiegare la dedica dell’autore ad Agatha Christie, anche lei inspiegabilmente scomparsa per un po’ di tempo. Forse: perché in questo piccolo albo i “forse” abbondano.
Le acque cominciano smuoversi quando (casualmente?) viene ritrovato un pacchetto contenente appunti, mappe, disegni di oggetti letali, di mezzi e modi per uccidere et alia, destinati, forse, a un eventuale nuovo romanzo della scrittrice. Ci sono, tanto per capire l’eterogeneità del materiale, un nome anagrammato in diverse maniere, la figura di un ricercatissimo investigatore privato nippo-irlandese ex soldato di ventura plurimutilato (in una esemplare incarnazione e disincarnazione di quell’umorismo di cui si diceva), una sfilata di personaggi di cui è indicato il ruolo ma con diverse alternative tra cui scegliere: ad esempio, una protagonista possibile assassina, un curato/parroco/decano/vescovo o matto da legare in fuga o cugino della Tasmania e così via. Per non parlare della bizzarria del nome della defunta anagrammato e appiccicato di continuo a persone e luoghi i più vari. La scrittrice, evidentemente, doveva ancora mettere insieme tutti i pezzi del giallo, dentro il quale, forse, è celato il nome del suo assassino. Un rompicapo per un adulto lettore abituale di gialli, figuriamoci per un bambino davanti a un mondo tanto più surreale quanto più nitidamente disegnato e descritto. Con un po’ d’ottimismo la fascia d’età della lettura è indicata (ma non dall’editore): “Da 6 anni”. Alza trinchetto, verrebbe da dire.
Si consiglia, però, di non farsi troppo prendere dall’ansia della piena comprensione e coerenza di testi pretesti contesti, ma piuttosto di lasciarsi andare al gioco spensierato di capire o indovinare o inventare quel che si può o si vuole. Si potrebbe concludere parafrasando – basta cambiare la vocale finale – il leggendario titolo del pezzo dell’inviato speciale Tommaso Besozzi su “L’Europeo” del 16 luglio 1950 allorché venne ucciso – dai carabinieri, dalla mafia, da un parente? – Salvatore Giuliano, il più famoso bandito italiano del dopoguerra: Di sicuro c’è solo che è morta.
Da 8 anni (bambini accompagnati).