Roberta De Falco, in libreria con La vendetta di Giobbe ha cortesemente accettato di rispondere a qualche nostra domanda. Partiamo dal titolo: “La vendetta di Giobbe”. Giobbe è un personaggio che ha un’infinita bontà e che grazie alla sua resistenza verrà ripagato. Tutto però ha un limite, giusto? Come si fa a sopportare le mille tribolazioni che certe volte la vita ci infligge senza reagire? Spesso si finisce per compiere gesti efferati– forse se si riesce a trovare aiuto però la nostra vita può essere salva e il futuro può ancora sorridere. A me sembra che questo libro ci dica un po’ questo. Cosa ne pensa? Penso che se ognuno di noi si impegna, per quel che può, ad alleviare le ingiustizie verso chi non può difendersi, il mondo sarebbe un luogo migliore. In questo caso Jai, il Giobbe di turno, viene aiutato dalla volontà di Elettra Morin di non arrendersi alle scatole cinesi di un contratto truffaldino che rende impossibile salvarsi da un’economia predatoria e malata. Ci sono crimini verso la dignità e il futuro delle persone che sono altrettanto gravi degli omicidi. Si uccide un uomo lasciandolo in vita. Per fortuna esistono gli altri, le persone che vedono, amano e aiutano, come la professoressa di Manu. E’ la solidarietà la vera vendetta contro questo tipo di ingiustizie. In questo romanzo si affronta il tema del riscatto, ossia la possibilità di affrancarsi da una difficile situazione di partenza finendo per avere successo. Penso a Jai Chopra e al figlio Manu così come a Elettra Morin. Questo è un tema a lei caro? Cosa ne pensa? Penso che la vita sia davvero tale quando si riesce a trasformare un’avversità, un ostacolo in una sfida da poter vincere, anche se non sempre ci si riesce. Ma è nel tentativo, nello sforzo, nel progetto che noi cresciamo e diventiamo umani. Siamo frecce lanciate verso il futuro. Se queste frecce non riescono a partire, l’energia ristagna, ci arrende alla disperazione e la vita perde di senso. Sia Elettra, con il suo rapporto con Leo, la madre e Gargiulo, sia Manu che Jay riscoprono il valore della vita quando si impegnano a vincere le proprie paure e le proprie fragilità, accettando l’aiuto degli altri. I romanzi spesso si legano a delle città…In questo romanzo Trieste fa da sfondo e direi che gioca le sue carte di città molto particolare, sia dal punto di vista climatico con la bora che soffia verso il golfo, sia da quello geografico spostata verso i Balcani, sia per il suo carattere mitteleuropeo. Non è il primo giallo che lei ambienta qui. Come mai? In che rapporto sta con questa città? Un rapporto strano e misterioso. Quando studiavo Lettere alla Statale di Milano, negli anni 70, mi sono trovata a fare un pellegrinaggio a Trieste, senza sapere perché. Era una città del destino in qualche modo. Poi la vita mi ha portato a vivere diversi mesi all’anno in questa città e gli echi sia letterari che storici hanno iniziato a coinvolgermi, tanto da fare della storia di questa città, del suo clima, della sua peculiarità architettonica lo sfondo dei miei gialli. E’ una fonte infinita di ispirazione, non assomiglia a nessun altra. Elettra Morin era il braccio destro di Ettore Benussi, vecchio commissario della Mobile di Trieste e protagonista di suoi precedenti romanzi. Ora la brava ispettrice è stata promossa ed è sempre più la protagonista. Ci piace questo personaggio perché riesce ad essere determinata ma non fa mistero delle sue fragilità. Ci sembra che a questo personaggio siano affidati tanti messaggi per il pubblico. E’ vero? In che rapporto sta con Elettra? Un rapporto di amicizia e di curiosità. Ci sono personaggi che ti conducono dove vogliono loro, che ti costringono a seguirli nelle loro scelte e crescite. Voglio molto bene a Elettra e a Valerio Gargiulo e tifo per la loro tormentata storia d’amore. Ma nel mio cuore un posto speciale ce l’ha il commissario Benussi, mio alter ego letterario. MilanoNera ringrazia Roberta De Falco per la disponibilità |
Paola Carbellano