Prostitute, sparatorie, amministratori corrotti, killer sgangherati, night club e vecchie canzoni in dialetto: sullo sfondo la periferia di Milano, dove Corrado Genito -ex capitano dei carabinieri finito dietro le sbarre- si ritrova catapultato nel difficile compito di sconfiggere la mala locale e, di conseguenza, redimersi. E’ “La strategia del gambero”, penultima fatica (Feltrinelli) di Piero Colaprico, uno che da anni ci sta raccontando, senza fronzoli e in maniera molto documentata, la ‘ndrangheta del Nord e le vicende più nere dell’Italia.
Considero Colaprico un giornalista con la schiena dritta e uno scrittore che merita di essere letto, in un Paese in cui si pubblica decisamente troppo -quasi 70 mila libri l’anno, circa 190 al giorno, 8 ogni ora- e si vende troppo poco: 160 copie per ogni titolo, secondo la più recente statistica.
Mi è capitato di leggere “La strategia del gambero”, mentre su Rai Play guardavo la mini serie “I topi”, di Antonio Albanese. Entrambi gli autori utilizzano un registro ironico, grottesco, caricaturale, e il ritorno d’immagine -molto schietto- che abbiamo del nostro Paese è quello che in fondo ci meritiamo: un’Italietta fondata sui giochi sporchi e cogestita dalle mafie. Colaprico, forse con meno poesia, potrebbe essere paragonato a Jean Claude Izzo. Non resta, dunque, che correre a comprare “Il fantasma del ponte”, appena uscito per Nero Rizzoli.
Se fosse una canzone “La strategia del gambero” suonerebbe come “Lamezia Milano” di Brunori Sas. Voto: 7 e mezzo.
La strategia del gambero
Alessandro Garavaldi