Per molti di noi la vita non č che un susseguirsi di giornate simili tra loro: sveglia, lavoro o studio, ogni tanto qualche serata con gli amici. A volte ci lamentiamo della sua monotonia, ma non riusciamo a renderci conto di quanto questo equilibrio apparentemente indistruttibile di eventi che si ripetono sia in realtŕ fragile, e di come basti un niente per rendere una vita “normale”, forse un po’ noiosa ma tutto sommato rassicurante, un vero incubo.
Una decisione sbagliata, i destini delle persone che si intrecciano ed ecco che il Male, la Morte, possono uscire dalle pagine di cronaca nera e bussare inesorabilmente alla nostra porta. Proprio come accade ai protagonisti del romanzo: normali e anonime vite di un gruppo di amici in una normale e anonima Bologna, che una notte di nebbia e freddo tingerŕ inesorabilmente di rosso sangue.
Leggendo questo libro di Alessandro Bruni ho avvertito, fin dalla prima pagina, una sottile ma insistente e costante sensazione di angoscia, sicuramente dovuta al fatto che non si puň fare a meno di pensare “potrebbe succedere a me”.
Ed č lě che ti accorgi di quanto poco basti per distruggere tutto quello che si cerca cosě faticosamente di costruire: una casa, una famiglia, un lavoro, l’amore, gli amici di una vita.
Lo so, leggendo le righe di questa recensione della trama non si capisce niente. Ma secondo me č giusto cosě: in fondo il libro č persino sprovvisto della consueta quarta di copertina quasi a nascondere le parole al suo interno, cosě come l’immagine, che ci si trova davanti, il buco di una serratura che sembra guardare ad un mondo capovolto, rievoca quell’universo apparentemente cosě estraneo e distante, che sembra esistere solo nella cronaca nera, in cui regnano paura, morte e dolore, e che invece č solo al di lŕ di una porta invisibile, in una fredda sera di nebbia.
Quello che importa č che questo č un libro che fa emozionare.
Che ti rimane dentro anche quando l’hai finito, che fa pensare e riflettere, che ti fa entrare nelle vicende dei personaggi come se li conoscessi personalmente. E in effetti č cosě. Potremmo essere noi.
La prossima estate
Davide Schito