Perché il professor Andersen non ha alzato la cornetta e ha denunciato l’omicidio? E’ la vigilia di Natale e sullo sfondo di una Oslo innevata e silenziosa, il professor Andersen sta cenando solo nel suo appartamento.
Improvvisamente diventerà testimone oculare dell’omicidio di una donna che verrà strangolata nel palazzo di fronte. Dalla sua finestra il professore vedrà tutto e si lancerà subito verso il telefono ma “… in questo caso era stato testimone di qualcosa di irreparabile e non c’era nulla che potesse fare. Non poteva rimettere le cose a posto telefonando e avvisando che erano successe. L’omicidio era un fatto compiuto di cui era stato testimone…”
Ma cosa lo ha fermato? Questa sarà la domanda che affliggerà il protagonista di questo romanzo che in alcuni tratti pesca a piene mani dalla ben nota “Finestra sul Cortile” di Sir Alfred Joseph Hitchcock. Questo quindi sarà il vero problema, il tarlo e il tormento che il professor Andersen non riuscirà a togliersi dalla testa lungo le poco più di cento pagine che procedono con una prosa serrata (i primi veri dialoghi a pagina sessantasette) che lascia alle volte, senza fiato.
Il protagonista proverà a confidarsi con alcuni tra i più suoi cari amici. Le occasioni non mancheranno come ad esempio alla cena dell’ultimo dell’anno quando sarà ospite con alcuni membri della Oslo-bene (di cui anche lui inconsapevolmente fa parte) oppure quando incontrerà un collega letterato a Trondheim, città norvegese conosciuta per la Cattedrale del dodicesimo secolo “…l’unico monumento del medioevo norvegese che dia testimonianza di un alto livello culturale…”
Eccole allora le stoccate alla società norvegese. Le dispensa senza pietà il protagonista che si definisce un “…dandy antimaterialsta…” e che lascia il posto, tra le righe e molto spesso, al suo autore Dag Solstad (fervente radicale di sinistra degli anni Settanta). Perché nelle elucubrazioni del professore non troviamo solo la sua angoscia per la mancata denuncia dell’omicidio o per lo scorrere del tempo (che lui definisce, lo spirito del tempo) ma anche il suo atto d’accusa alla società norvegese che ritiene adagiata sugli allori della sua prosperità; una società che si è appiattita, dove i vecchi rivoluzionari (coetanei di Solstad negli anni settanta) fanno oggi a gara sull’auto più costosa o sulla più moderna casa delle vacanze.
Una lettura che è un percorso. Il professor Andersen ci accompagna per mano, la sua psiche e i suoi pensieri sono lì, nero su bianco sulle pagine che scorrono velocemente. E’ un romanzo che non parla solo di un delitto. Descrive una società, i suoi cambiamenti, lo scorrere del tempo e il terrore di quello che resterà di noi, dei ricordi che diventano più fievoli. Si parlerà di letteratura (di Ibsen per esempio) o di Dio.
Ma in fondo “…la vera vittoria consiste nell’affermazione della propria volontà, al di fuori di ogni realtà stabilita e ogni aspettativa sociale o religiosa…”.
La notte del professor Andersen
Marco Zanoni