Matilde, quarantenne affetta da trasferimento compulsivo, scappa da un fantasma e ne trova un altro. Quattro fughe: a diciotto anni nel caos di Milano, poi tra le mele di Brunico, a Urbino “dove sono tutti belli” e una lunga sosta dal triste epilogo, a Roma. Matilde se ne va in treno, senza un soldo, col suo fardello. Ad attenderla, a 120 km dalla capitale, oltre alla magia di Orvieto, c’č un omicidio commesso dieci anni prima e riportato a galla dall’ambizione di Michele, un giornalista di provincia avido di visibilitŕ.
Di primo acchito, la donna trova pace in una piccola libreria gestita da Sergio Paolini, professore e uomo di altri tempi, che, oltre a coronare le ambizioni professionali di Matilde, le trova anche un alloggio presso l’estemporanea Madama Georgette. La piccola comunitŕ orvietana composta da bonari bottegai e cordiali albergatori non nega a Matilde una calorosa accoglienza ma appare molto scettica nel rivelarle dettagli in merito alla vecchia vicenda e sulle blande indagini condotte a suo tempo dalla polizia.
In questa amena cittadina neanche il luogo del delitto sembra essere poi cosě agghiacciante.
“La Macchia dei Frati”: un uomo impiccato con le gambe che toccano terra potrebbe non essere un suicidio. Chi si č addossato il peso di quella colpa per dieci anni? Chi si č avvalso del potere di giudicare e condannare? L’omertŕ della gente del posto sciocca Matilde, nessuno hai mai visto l’uomo, nessuno lo ha mai incontrato. Apparentemente, nessuno sapeva chi fosse. Matilde, vivace e corroborante, studia i dettagli: un rametto di issopo sull’orecchio del morto, una sigla sulla sua biancheria.
Le riflessioni della protagonista, ricche di suggestioni letterarie, ci accompagnano fino alla risoluzione del caso e all’ultima malinconica lettera che scrive all’amica che ha perso per sempre. “Cara Livia, (….) Con tutta questa oscuritŕ intorno, mi sento davvero meno sola. Per ora sto bene dove sto. Ed č l’ultima volta che ti scrivo.”
Una commedia nera, dal retrogusto agrodolce, dove ognuno porta con se i propri peccati e non č un tribunale ad emettere sentenze, né tantomeno Dio. Dopotutto, le scelte discutibili degli altri aiutano a comprendere le proprie scelte discutibili; dato che alla mente umana non č consentito dimenticare, almeno si puň imparare a capire e a perdonare, se stessi e gli altri.