La fortuna del principiante – Valerio Marra



Valerio Marra
La fortuna del principiante
Piemme
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La fortuna del principiante è un libro ricco di caratteristiche positive. Prima di tutto spicca lo stile narrativo del brillante Valerio Marra, che ricordiamo nel suo “La nuova maestra” (Piemme, 2024). Senza necessitare di descrizioni arzigogolate, giri di parole e tutto ciò che rende opprimente una lettura, in queste pagine l’autore ci racconta le vicissitudini dell’ex poliziotto Guido Audaci. La scrittura di Marra è scorrevole e lineare, il ritmo della storia è incalzante al punto giusto, i fatti sono narrati con dovizia di particolari che non annoiano nemmeno per sbaglio. Il tutto è arricchito da una sana ironia che rende estremamente godibile la lettura. La simpatia travolgente che contraddistingue i romani trapela in maniera totale nella narrazione e nei dialoghi. Battute e metafore divertenti fanno parte integrante della storia e in alcuni punti è impossibile non scoppiare a ridere. 

“La mia capacità di trattenere il respiro è arrivata al limite, soffio l’aria e la pancia torna alla versione originale, cioè quella di un cocomero ingoiato con tutta la buccia. Un baby cocomero, però. Quelli di cui non ho mai capito il senso. Comunque, nonostante la pancia, riesco a vedere i miei boxer neri con un albero di Natale stampato proprio lì davanti e la scritta WHAT A BIG TREE in rilievo.”

La caratterizzazione del protagonista principale è talmente ben costruita che il lettore non può fare a meno di parteggiare sin da subito per lui in maniera incondizionata. Audaci non è un supereroe, non è un bellone tutto muscoli. È un uomo come tanti, fragile, molto malinconico, pensieroso, riflessivo. 

“Apro la bocca e lascio che le gocce d’acqua si depositino sulla lingua. Hanno la stessa consistenza delle lacrime, ma fanno meno male.”

È un bonaccione con la pancetta da “alimentazione sregolata e piena di carboidrati”, litiga con il Buondì perché cerca sempre di strozzarlo ad ogni morso (“Assassino!”), vive con un padre malato e gestito da Nicoletta, la burbera badante. Non è in buoni rapporti con Patrizia, la sua ex moglie, e ha un rapporto conflittuale con i suoi figli, Cesare e Adriano.

“Annuisco e ripenso ai miei figli, ai loro sorrisi. A quei frammenti di vita che avevano una consistenza reale, palpabile, e che invece ho lasciato scivolare via, convinto che sarebbero rimasti lì per sempre.”

Fa l’investigatore privato occupando a titolo gratuito un angolino all’Anis Point, l’internet point di un bengalese che si trova al Don Bosco, un quartiere multietnico di Roma, e, il più delle volte senza compenso, si occupa di casi di poco conto, aiutando stranieri e senzatetto, insomma un po’ tutti gli emarginati della società.

“Voce grinzosa. Mi volto e riconosco Otello, seduto su un tappeto improvvisato di cartoni e con una coperta rossa e blu a scacchi adagiata addosso. Sta proprio all’angolo della strada, di fronte alla fermata metro di Lucio Sestio.”

Tutti i personaggi de La fortuna del principiante sono descritti in modo particolareggiato, sia nel carattere, che dal lato estetico. Per citarne alcuni, troviamo l’amico e collaboratore Tyrion che “in realtà, non si chiama proprio Tyrion, ma tutti qui lo chiamiamo così perché assomiglia al personaggio nano del Trono di Spade” , fissato con i gratta e vinci, oppure Marina, una vecchia amica dalla chioma verde e rossa che la fa sembrare un semaforo e che, dopo ventisei anni, compare con una richiesta ai limiti dell’assurdo. O ancora, Mario, detto Marione “un concentrato di grasso, muscoli, baffi e razzismo; il tutto alto più o meno due metri”. Ogni protagonista è un modo a sé e  questa è una delle peculiarità fondamentali che arricchiscono il romanzo. 

La trama è semplice e ben costruita: il nostro Audaci si ritrova in una lavanderia per far allargare un abito e, mentre è nel camerino, qualcuno uccide la titolare e un senegalese che si trovava lì per sbaglio. L’ex poliziotto si impegnerà per scoprire il colpevole e, parallelamente, riuscirà a risolvere altri due incarichi, tra cui quello datogli da Ting, una bellissima ragazza asiatica che riesce a farlo emozionare soltanto con lo sguardo.

“Sulla soglia riconosco Ting. Entra, incerta e con delicatezza. Mette gli occhi dentro i miei. Sorride. E il mondo si ferma.”

Si toccano molti temi delicati in questo romanzo. Innanzitutto, nonostante le battute divertenti, di fondo si respira una malinconia data sia dall’ambientazione in cui si svolgono i fatti e dalle persone che affrontano la vita un giorno alla volta, che dal malessere di Guido Audaci. Ancora una volta si torna a parlare di un uomo dilaniato dai rapporti. La sua sofferenza si insinua nel lettore in continuazione: il rapporto conflittuale con i figli, la malattia che sta portando pian piano via suo padre, il contatto della madre ancora salvato tra i “i soliti sei” numeri della sua rubrica, ciò che successe anni prima e che irrimediabilmente ha cambiato la sua vita. 

“Sento ancora quegli occhi su di me. Sento ancora quel dolore che mi scava dentro e che lascia solchi che non riesco più a riempire. Perfino quando smetto di pensare. Anche quando smetto di vivere. Come ho fatto negli ultimi otto anni.”

Le parole di Marra invitano anche alla profonda riflessione riguardo ai rapporti familiari e, nello specifico, all’importanza dei propri genitori. Più si cresce, più bisogna fare i conti col fatto che bisogna esserci allo stesso modo in cui loro ci sono stati per noi. L’autore, in maniera delicata, riesce a focalizzare l’attenzione sulla solitudine delle persone anziane, un problema della società odierna che è decisamente sottovalutato. La frenesia della vita a volte fa perdere di vista le vere priorità ed è giusto ricordarsi quali sono, prima che sia troppo tardi. 

“«Ha anche un lavoro importante, mio figlio. Ho fatto i sacrifici per farlo studiare.» Ho la sensazione che ci sia qualcosa che le faccia male. «E la vengono a trovare spesso?» «Be’, no. Ma hanno tanti impegni.» Ancora quello sguardo triste. «Ogni tanto mi chiamano… insomma, hanno tanto da lavorare.» Capisco quanto possa farle male quella solitudine.”

L’ambientazione in cui si svolge il racconto è fondamentale per capire il taglio che Marra vuole dare alla sua storia. Non troviamo i lussi della Roma bene, ma, al contrario, veniamo catapultati in un quartiere che è segnato dal degrado delle abitazioni e dei soggetti che vi abitano. L’obiettivo è focalizzato sugli ultimi, i cosiddetti invisibili. Sono le persone che si incrociano per strada e che il più delle volte vengono ignorate, quando va bene. Un capitolo dopo l’altro il lettore si immergerà nelle loro storie e capirà che non sono fatte soltanto di panni sporchi.

A completare il quadro, troveremo delle belle illustrazioni disegnate da Ale+Ale (Alessandro Lecis e Alessandra Panzeri) che compaiono nel diario di Audaci e che contribuiscono alla completa comprensione della trama, oltre ai flashback del suo passato, tra cui il surreale incontro con Iaio, uno zombie con “gli occhi da bambino con dentro un dolore anziano”.

La fortuna del principiante è un romanzo completo, ben scritto, pieno di tutto. Il connubio tra ironia, malinconia e temi importanti è la parte fondamentale della storia. Fa da sfondo un mistero da risolvere, in un racconto ricco di personaggi uno più bizzarro dell’altro e con un finale commovente che non guasta affatto. Con la speranza di poter approfondire ancora di più la storia di Guido Audaci, i complimenti vanno a Valerio Marra per averci regalato questo piccolo gioiello di realtà in cui ognuno è invitato a riflettere non solo sulla propria vita e sulle proprie emozioni, ma anche su quelle degli altri.

Erika Giliberto

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