La donna della palude è il terzo e conclusivo libro della Stenträsktrilogin, la trilogia che Liza Marklund ha dedicato alla città di Stentrask, vicina al Circolo polare artico, nella Lapponia svedese.
L’investigatore protagonista è Wilking Stormberg, il capo della polizia locale. In quest’ultima avventura, Wilking si trova alle prese con un vecchio caso che lo riguarda personalmente, la scomparsa della moglie Helena, avvenuta trent’anni prima, il 14 agosto del 1990. La donna non è stata mai ritrovata, e le indagini sono giunte alla conclusione che il suo corpo sia stato inghiottito dalle acque melmose della palude in cui si era avventurata. Al presente, il figlio Markus riceve una strana lettera, scritta con la calligrafia della madre, che lo esorta a non accettare la promozione appena ottenuta se non vuole morire. Da qui partirà la caccia a un fantasma, avvolto nella nebbia del passato, ma gli omicidi che si verificheranno risulteranno purtroppo assai reali. La promozione di Markus riguarda la mansione di capo progetto del sistema Qats. Questo acronimo sembrerebbe un innocuo termine per qualche produzione industriale, ma in questi luoghi si lavora ad armi di distruzione di massa e le cose saranno ancora più pericolose di quel che già ci si immagina.
La Marklund ha costruito una spy story che rimanda inevitabilmente a Mankell e al suo protagonista, il malinconico commissario Wallander. Anche Wilking, dopo gli ideali giovanili, è diventato un uomo disilluso ma ciò che lo differenzia è l’amore incondizionato verso la moglie Helena, o meglio verso la sua memoria.
Con un’abile costruzione su due piani temporali, l’autrice racconta la storia d’amore tra i due e le peripezie del presente. Sullo sfondo, come cornice da cui trapelano lampi apocalittici, c’è l’epidemia di Covid del 2020, nel momento di massima espansione. La scelta temporale è funzionale alla denuncia che scorre nelle pagine: l’uomo si affanna a costruire armi devastanti per cancellare parte dell’umanità senza accorgersi che basta un microscopico virus a distruggere in un batter d’occhio vite ed economie.
La spy story è ben governata e introduce il lettore in un’atmosfera machiavellica di false verità, false identità e ovviamente false piste. Simbolo di questa ambiguità tra ciò che è vero e ciò che è falso è Mats, l’amico e sodale di Wiking, enigmatico e astuto, il vero esempio di ragion di stato.
Ciò che può lasciare perplesso il lettore è la naturalezza con cui tutti i personaggi convivono con queste fabbriche e industrie portatrici di morte in cui lavorano, ma, forse, le condizioni estreme climatiche in cui si trovano a vivere li rendono consapevoli dell’estrema difficoltà e fragilità dell’esistenza umana.