La collina dei delitti – Roberto Carboni



Roberto Carboni
La collina dei delitti
Newton Compton
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Fa centro di nuovo, Roberto Carboni, e ancora una volta sorprende. Lo fa con La collina dei delitti (Newton & Compton, collana Nuova Narrativa Newton, pagg.480, febbraio 2021),un romanzo dai colori sconvolgenti, giocati con maestria tra giallo esoterico e noir luciferino. La sua dodicesima opera – la seconda pubblicata con Newton & Compton dopo Il giallo di Villa Nebbia, uno dei maggiori successi editoriali del 2020, pur in tempi di pandemia coronato da ben sette ristampe – ne conferma la voce vigorosa e la solidità d’impianto narrativo, che qui in particolare si piegano a una narrazione oltremodo complessa, per temi trattati e moltitudine di personaggi. 
Gabriele Moretti, giovane ed estroso architetto ormai consacrato dal favore di pubblico e critica, si gode una serata tranquilla con moglie e figlioletta quando il telegiornale trasmette la notizia del rinvenimento di un cadavere sulle colline tra Bologna e Modena, a Montebudello. Uno sconosciuto quel morto per lui, morto oltretutto da dieci anni, eppure l’annuncio gli smuove qualcosa dentro, lasciandolo frastornato e inspiegabilmente impaurito. Da quel momento, i rosei contorni di una vita densa di affetti e soddisfazioni professionali cedono il passo a incubi sconvolgenti, nei quali Gabriele vive una dimensione terrorizzante popolata da morti resuscitati che tentano di comunicargli qualcosa che lui non riesce a comprendere, incubi da cui fatica a svegliarsi, pur rimanendo consapevole di essere sdraiato nel suo letto, accanto alla moglie. Quei sogni angosciosi non cessano di tormentare le notti di Gabriele, tanto più che a ritmo frenetico si susseguono inquietanti notizie di altri ritrovamenti a Montebudello, mentre nei suoi giorni fanno la loro comparsa ambigui e minacciosi personaggi. Accadimenti, gli uni e gli altri, che non possono essere casuali e che presto lo convincono di essere in qualche modo coinvolto nei delitti, di aver forse rimosso un evento così drammatico del passato da compromettere, se ricordato, la sua stessa salute mentale. Quando però quella realtà ostile arriva a minacciare anche la sua bambina e a tingere di ambiguità il comportamento della moglie e dei suoceri, Gabriele si accorge di essere solo a fronteggiare il pericolo e di avere una solo possibilità di sfuggirgli: affrontare un percorso psicoterapeutico che squarci il velo del passato.  Altre figure intanto fanno la loro comparsa – Silvia, imprenditrice della Bologna bene, e Anna Paola, ex modella dominicana la cui bellezza è stata offuscata da interventi estetici mal riusciti -, coinvolte forse nel passato di Gabriele e come lui minacciate nel presente. Nell’ombra un luciferino burattinaio tesse una trama perversa che fondata sul loro legame, mentre l’intera città rabbrividisce davanti ai delitti di Montebudello. 

Il breve accenno alla trama non è di certo sufficiente a renderne la complessità che si sviluppa, senza mai perdere coerenza e credibilità, per quasi cinquecento pagine. Eppure, a dispetto del suo volume, La collina dei delitti si legge d’un fiato, connotato com’è dal ritmo travolgente di un thriller, da uno scandaglio dei personaggi degno di un saggio psicanalitico e da un’atmosfera pervasa di un inquietante sentore di zolfo.

E a proposito dei protagonisti, di Gabriele in primis, Roberto Carboni ne disegna il profilo con una penna così nitida ed evocativa che pare di vedergli prendere vita come un ologramma: respiriamo l’angoscia delle sue notti, proviamo il suo stesso terrore nell’antro oscuro del suo garage sotterraneo, palpitiamo per la minaccia che sfiora la sua piccola Clara, come lui siamo disposti a mettere in gioco la vita pur di sollevare il velo che nasconde il passato e minaccia il presente.

Una menzione particolare però spetta anche a Riccardo Alvoni, anzi, solo “Alvoni” come lo chiamano tutti, il commissario incaricato delle indagini sui delitti di Montebudello, strambo quanto basta da appendere poster di filosofi nel suo claustrofobico ufficetto in questura, ma così intelligente e anticonformista da comprendere la natura occulta di quei delitti. Lo seguiamo con simpatia e partecipazione nei suoi vagabondaggi per il centro di Bologna, le cuffiette infisse nelle orecchie a trasmettergli l’infernale heavy metal dei Bathory. Rimugina Alvoni, passo dopo passo, e si avvicina inesorabile a una sconcertante, forse impopolare, verità.  Anche se lui in fondo vorrebbe solo emigrare in Norvegia e aprire un negozio di vinili. Caro, irresistibile Alvoni, strenuo difensore della legalità come chi l’ha ispirato, e del quale non sveleremo l’identità, che speriamo vivamente di incontrare in altre indagini. 

Una lode poi all’abilità dell’autore nell’evocare un malvagio sentore di zolfo con cui cosparge l’intero romanzo e che fa scorrere nel lettore brividi del tutto realistici. Roberto Carboni non dimentica che Bologna è da sempre città esoterica: vertice, con Praga e Santiago di Compostela, del Triangolo alchemico; palcoscenico sul finire degli anni Novanta dei Bambini di Satana, satanisti veri o presunti che fossero; punto di partenza della spedizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) verso la radura di Krasnojarsk in Siberia, ribattezzata il Cimitero del Diavolo per l’ingente numero di persone scomparse e di animali trovati morti nella radura stessa, avvenimento peraltro che Carboni sapientemente utilizza nel romanzo. 

Chiudo con una breve annotazione di stile: la voce dell’autore – da sempre connotata da un forte timbro, affilato, denso e ricco di locuzioni vivide – si fa qui più avvolgente, evocatrice di atmosfere che catturano l’immaginazione del lettore, proiettandolo nella scena con incontenibile realismo. Un esempio tra i tanti è la sequenza del primo incubo di Gabriele, un pezzo di autentica bravura, narrativa e psicanalitica, in cui non è possibile staccarsi dal suo fianco. E così anche noi siamo catturati da un incantesimo intessuto di paura e attrazione che ci spinge tra le oscure mura di un castello in cui si respira un sentore di morte, dove presenze impalpabili ci sfiorano la pelle con dita gelide e invisibili e foto funebri dalle pareti attraggono il nostro sguardo. Realtà o immaginazione? Direi piuttosto il prodigio che alcuni scrittori sanno compiere.    

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Giusy Giulianini

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