Abbiamo fatto le stesse domande a alcuni degli ospiti che interverranno a Paura sotto la pelle 2.
Domande ” da paura” ovviamente…
Divertitevi leggendo le risposte che hanno dato.
Ecco le riposte di Valerio Varesi attualmente nelle librerie con La paura nell’anima, Frassinelli
La più antica e potente emozione umana è la paura, e la paura più antica e potente è
la paura dell’ignoto. (Howard Phillips Lovecraft). Sei d’accordo?“Certo. E’ quel che non vedi a inquietarti in quanto pensi che sia ovunque. Tutto ciò genera insicurezza in noi stessi e ci rende fragili. Teseo, quando sfida il Minotauro, sa perfettamente chi è il mostro e dove si trova. L’eroe greco ha paura di qualcosa di ben definito ed essendo cosciente del proprio destino, non dubita mai di sé stesso. La paura è individuata e al di fuori di sé. Al contrario, ciò che sfugge all’oggettivazione e non è individuabile, finisce per abitare il tutto, anche la nostra interiorità. Per restare alla grecità, la paura realizza il suo cavallo di Troia e varca i confini più intimi dell’individuo”.
La paura è una componente fondamentale della natura umana, è con noi dalla nascita.
Cosa ti fa paura? Come la esorcizzi?
“E’ un sentimento anche utile. Avere paura prima di intraprendere un’iniziativa o fare una scelta, aiuta a essere più ponderati e prudenti. Oggi la cosa che mi impaurisce di più è il nulla a cui pare puntare il nostro destino senza più mete. In definitiva, l’assenza di un senso universale delle nostre vite. Non c’è un modo per esorcizzare la paura, si può solo tenerla a bada con un po’ di incoscienza”
Da bambino qual era la tua favola preferita? Amavi quelle paurose?
“Più delle favole, amavo ascoltare i racconti di famiglia popolati di personaggi e figure misteriose che generavano timori a volte a scopo educativo per evitare di indulgere in certi comportamenti o di avvicinarsi a determinati luoghi pericolosi come pozzi, torrenti, dirupi, paludi…Avevano un certo fascino su di me”
Quale percorso ti ha portato a scrivere storie che hanno a che fare con la paura, con i
timori e con le ansie?
“La cronaca. La vicenda di Igor il russo mi ha mostrato come la paura possa corrodere i rapporti tra le persone, modificarli rendendoli più aggressivi e diffidenti. In vitro, quei mesi nella pianura tra Bologna e Ferrara, hanno rappresentato ciò che si è prodotto nel nostro Paese. La solitudine e l’isolamento, alla lunga generano l’individualismo sfrenato che abbiamo sotto gli occhi. Qualcosa di estremamente utile ai fini del sistema economico liberista e del controllo sociale. La società è ridotta a un insieme di monadi che non comunicano più e hanno smarrito il senso di appartenenza a una collettività. Da qui nasce la paura, vale a dire dall’essere soli ad affrontare il mondo sentendosi ognuno come un piccolo pesce tra grossi predatori”.
Come si riescono a trasmettere queste sensazioni con le parole?
“Non sono solo le parole. Ci sono i personaggi, le situazioni, l’ambiente. E’ dall’interazione di più parti in un romanzo che nascono le emozioni e le sensazioni nel lettore”.
Per far paura sono più efficaci scene truci e truculente o la normalità che si trasforma
improvvisamente in incubo?
“La normalità che cambia volto e scopre un lato nuovo e imprevisto. Non sono mai stato un fautore dell’esplicito granguignolesco. E’ sull’immaginazione che si deve lavorare, non sul mostrare cose da macelleria. Così come nell’erotismo, non devi far vedere e descrivere palesemente, ma indurre il lettore a immaginare”.
Sono cambiate le nostre paure? E il modo di descriverle? – Il maestro assoluto della paura di oggi, il Re, dice che la sua ispirazione è sempre, da sempre, il babau, ‘uomo nero. Quante declinazioni può avere oggi l’uomo nero? Escludendo ovviamente la deriva razzista
“Sono cambiate nella misura in cui sono crollate le certezze. Oggi, una delle più grandi paure è per il futuro delle nostre conquiste, sia sul piano sociale che su quello economico. Non siamo nemmeno più padroni della tecnica perché essa cambia con una velocità che non ci permette un adattamento. Abbiamo persino paura dei rovesci del clima, nemmeno quello più certo. Quest’anno per la prima volta nella storia, si è formato un ciclone nel Mediterraneo. La paura si moltiplica nell’aria che respiriamo, nei cibi che mangiamo, nei ponti che attraversiamo. E’ il risultato dello sfilacciamento del tessuto connettivo della socialità”.
Sono sempre di più gli autori che mescolano al noir l’ironia e la risata, un modo per esorcizzare la paura o un modo per sottolinearla e renderla ancora più efficace?
I tuoi riferimenti letterari o cinematografici di genere sono….
“Credo che la risata non si abbini al noir che è un romanzo d’atmosfera, di colore e di umore. La risata sdrammatizza mentre il noir dovrebbe rendere tutto carico di tensione. No, non credo che possa funzionare. Chi lo fa agisce per assecondare il gusto del pubblico che vira sempre più verso romanzi d’intrattenimento. Questo gli autori lo sanno dunque cercano di rendere divertente la lettura di ciò che non ha la vocazione a esserlo. Funziona, ma credo che svaluti il testo. D’altro canto, i miei riferimenti letterari, per ciò che concerne il noir, sono la scuola francese, Izzo in testa, Chandler e Durrenmatt e, per quel che riguarda gli italiani, Sciascia e Scerbanenco”.
L’appuntamento con Valerio Varesi e gli altri ospiti di La paura sotto la sotto la pelle 2, brividi nelle parole e nelle immagini.
Giovedì 29 e venerdì 30 novembre 2018, ore 10.00 e 14.30,
Aula magna Giovanni Pascoli e aula Forti -Via Zamboni 32-BO
Tutte le informazioni qui
Qui un’altra nostra intervista a Valerio Varesi
Qui la nostra recensione a La paura nell’anima