Immergetevi nel risveglio estivo di Montreal, assaporatene il clima effervescente degli spettacoli all’aria aperta decidendo di prendere parte ai giochi pirotecnici lungo il fiume, magari dall’alto di un fuoribordo, e a questo punto immaginate di trovarvi di colpo preda delle raffiche poco amichevoli di Clemence, un uragano che si scatena all’improvviso – non gradito ospite- rovinando la festa.
È quello che capita a Temperance Brennan, l’affascinante antropologa forense nata dalla penna ormai celebre della scrittrice Kathy Reichs, di cui ne è l’alter ego letterario.
Se Tempe è ormai avvezza ad avere a che fare con i resti dei cadaveri in decomposizione e le circostanze poco amene che conseguono al ritrovamento di corpi irriconoscibili, fare i conti con la morte di un giovane individuo è comunque qualcosa che le insinua il ragionevole dubbio dell’omicidio. Soprattutto dopo la scoperta di un tatuaggio molto particolare che suggerirebbe di collegare il cadavere a una gang criminale operante nel cuore dei Caraibi.
A questo punto la scena si sposta alle isole Turks e Caicos, ma a discapito delle acque cristalline e delle bianche spiagge, il tono di benvenuto è ancora più funereo del precedente: natanti a motore trovati alla deriva carichi di morti fanno il paio con il mistero che ammanta l’uccisione seriale di alcuni giovani turisti che paiono avere l’unica colpa di essere troppo avvenenti. Il loro giustiziere si diverte a maneggiare coltelli affilati per amputare i corpi delle vittime della mano sinistra.
L’indagine sembra quindi precipitare nel vortice degli imprevisti più oscuri, che inghiotte la prima collaboratrice di Tempe, la detective isolana Musgrove che l’aveva chiamata in aiuto sulle isole per l’identificazione dei cadaveri. Per fortuna che l’ostico Monk, il collega subentratole, è determinato ad andare fino in fondo alla faccenda al fianco di Tempe.
L’escalation dei colpi di scena riescono solo all’ultimo, per chiara abilità di chi ne ha tessuto la trama, a unire in un unico filo conduttore il caso della scomparsa di un agente dell’FBI, il movente dell’uccisione dei giovani turisti, l’omicidio della detective Musgrove e la morte dei passeggeri del natante trovato alla deriva. Il tutto, passando per numerosi depistaggi che ci fanno rimbalzare dai kibbutz israeliani dove vengono inventati potenti software di hackeraggio, alla violenza domestica più comune.
Anche trovandosi faccia faccia con la morte, Tempe riesce comunque a non perdere mai il controllo della situazione e anzi gioca abilmente la carta della negoziazione, facendo leva sulle tecniche psicologiche più evolute. Come se anche il nome, che non è mai casuale, giocasse un ruolo attivo nella lotta alla sopravvivenza. Temperanza, la carta numero quattordici dei tarocchi, è infatti il simbolo della lotta agli estremismi, l’invito a trovare la nostra forza dal centro, che è l’insita saggezza interiore di ogni uomo.
Un romanzo prezioso per il contenuto tecnico, ma non di meno godibile per lo stile tagliente (neanche a dirlo!) e l’incisiva vena di humor che permea la narrazione. Consigliato soprattutto per chi ama la logica ferrea dell’indagine unita al verismo delle scene da obitorio, non avulse dall’implicito sottotitolo -oso aggiungere- “et in mortis ego”.