Il chirurgo – Leslie Wolfe 



Leslie Wolfe
Il chirurgo
Newton Compton
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Anne Wiley ha tutto quello che una donna può desiderare: l’amore, la gioventù, la bellezza, la ricchezza e un lavoro che la gratifica e la qualifica. È uno dei migliori cardiochirurghi della sua generazione a Chicago e non a caso la sua immagine giganteggia sui manifesti pubblicitari fatto affiggere dall’ospedale in tutta la città per promuovere la sua branca specialistica più nota, la cardiochirurgia. Anne nella sua già considerevole carriera da chirurgo, dopo ben dodici anni che opera a torace aperto, non hai perso un paziente.

Mai.

Almeno fino a quel giorno, quando il cuore di Caleb Donaghy non risponde alle sollecitazioni dopo l’intervento e lei non riesce a farlo ripartire.  O non vuole?  Decretandone di fatto la morte dopo appena una ventina di minuti di manovre rianimatorie.

Cosa è successo davvero in sala operatoria? 

Nessuno lo sa, tranne lei. Eh sì, perché Caleb Donaghy non è un paziente come gli altri.

Anne Wiley, occhi azzurri, capelli lunghi e biondi, fisico da urlo, ha imparato fin da piccola la scienza della chirurgia dal padre chirurgo ed eccelle nel suo lavoro. 

Aveva incontrato Caleb Donaghy dopo che un cardiologo lo aveva indirizzato nel suo ospedale, a seguito della scoperta di un aneurisma aortico di grandi dimensioni. Il paziente si era presentato con la barba incolta e un berretto che si era rifiutato di togliersi. Anne lo aveva visitato lo stesso, gli aveva spiegato l’intervento a cui avrebbe dovuto sottoporsi per evitare una morte improvvisa con la rottura dell’aneurisma e l’intervento al cuore era stato predisposto da routine.

Ma quando già l’operazione era stata ultimata ed erano state messe in atto tutte le manovre rianimatorie per fare ripartire il cuore che si rifiutava di farlo, Anne ha visto il volto sbarbato e senza cappello del paziente, e ha riconosciuto la voglia sulla fronte di Caleb Donaghy. Come una macchia di vino rosso a forma di R, con tre gocce che sembravano scendere dal lato sinistro della lettera.

Una voglia che mai aveva dimenticato. 

Quell’uomo era lo stesso che aveva rovinato la sua vita. E non solo la sua. 

E in quel momento, sotto gli occhi inquisitori del collega anestesista e nell’incredulità del resto dell’équipe operatoria, ha deciso di porre fine alla rianimazione, costatandone l’ora del decesso. 

Nessun ripensamento. Nessun rimorso. Anne in fondo al cuore non si sente un’assassina, ma una giustiziera. 

Caleb Donaghy era feccia capace di fare solo del male e il male va cancellato.

Felicemente sposata con Derreck, brillante avvocato candidato alla carica di sindaco, Anne e suo marito vivono nella grande casa della madre dei lei, rimasta vedova.  A Derreck e solo a lui, Anne confida la sera stessa il segreto che le morde il cuore: Caleb Donaghy lei lo ha lasciato morire.

Derreck le dice di non parlarne con nessuno e anche la commissione interna dell’ospedale la scagiona da ogni responsabilità. Anne spiega con parole inequivocabili quello che è avvenuto e perché ha stoppato le manovre rianimatorie.

Sì, tecnicamente si può dire che possiamo continuare la rianimazione all’infinito mentre il paziente è attaccato alla pompa, ma in realtà un cuore così danneggiato da non riuscire nemmeno a fibrillare con i tentativi di rianimazione e le dosi multiple di epinefrina non farebbe altro che continuare a deteriorarsi».

Insomma, la morte di Caleb Donaghy sarebbe stata una conseguenza dello stato in cui si trovava il suo cuore già malandato. Il caso sembra chiuso, ma in qualche modo arriva a conoscenza di Paula Fuselier, ambiziosa assistente di Mitchell Dwight Hobbs che guida l’ufficio del procuratore della seconda contea più popolosa degli Stati Uniti. Paula ha un conto in sospeso con la cardiochirurga e le vuole portare via tutto quello che ha.

Questa la trama a grandissime linee, innervata su un triangolo dallo schema classico, lei, lui e l’altra, e su colpe pregresse che devono essere scontate.

L’autrice è molto brava nell’introspezione della protagonista, Anne, che riconosciamo immediatamente con una gestione del punto di vista in prima persona, e nel tratteggiare la sua antagonista, Paula, la cui narrazione avviene in terza persona. 

Un thriller avvincente e introspettivo in cui nulla è come sembra e anche quando il lettore pensa di avere capito tutto, ecco il colpo di scienza spiazzante che rimette in discussione ogni considerazione sino ad allora elaborata. Sino all’ultima, inattesa rivelazione.

Anche i personaggi secondari sono tratteggiati egregiamente, come M, la dottoressa Meriwether che dirige l’ospedale col cipiglio di un manager inflessibile, duro ma giusto. O come Adam Costilla, un ex detective della polizia di Chicago entrato a far parte dell’ufficio del procuratore come investigatore capo.

Sarà proprio Adam a fare la differenza quando Paula, preda delle sue stesso ossessioni, oltrepasserà ogni limite per inchiodare Anne alle sue responsabilità, calpestandone ogni diritto civile.

E per noi che da sempre tifiamo per una giustizia giusta, Adam è il nostro eroe oscuro di questo romanzo.

Roberto Mistretta

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