Pubblichiamo oggi un pezzo apparso su Stilos in cui Gordiano Lupi incontra Corrado Augias per parlare del suo ultimo libro.
I segreti di Roma completa l’analisi approfondita dei luoghi del cuore di Corrado Augias, che dopo essersi occupato di capitali come Parigi, New York e Londra decide di raccontare la città dove è nato e ancora oggi vive. Augias non fa mistero di amare sia Roma che Parigi ed è per questo che nella capitale francese conserva una sorta di rifugio in un appartamento a Montparnasse.
I segreti di Roma è un libro interessante che si può leggere come una raccolta di racconti e di aneddoti storici legati alla capitale. Non mancano i misteri e i delitti, dalla leggendaria fondazione da parte di Romolo e Remo, per proseguire con gli eccidi di Lucrezia Borgia, dei nazifascisti durante la guerra di liberazione, sino al delitto Pasolini e ai fatti di cronaca nera dei tempi recenti. Nel volume non possono mancare i ricordi di Cinecittà come fabbrica degli incantesimi e di una Roma da Dolce vita con i vitelloni appostati al bar di via Veneto a caccia di straniere. Troviamo la storia di un papato corrotto da potere temporale, nepotismo, lussi, vendita di indulgenze e perdita di valori cristiani. Ripercorriamo la storia della capitale attraverso i sonetti del Belli, le poesie di Pasolini, gli inni del Carducci e i monumenti che sono solo lo spunto per dare il via al racconto. Augias dedica molta attenzione alle figure storiche che hanno fatto la grandezza di Roma. Il delitto di Giulio Cesare occupa un intero capitolo ed è raccontato in modo così affascinante da farne un giallo storico che intriga e appassiona il lettore. Un altro capitolo descrive il difficile rapporto tra Michelangelo Buonarroti e papa Giulio II, ma Augias si sofferma a lungo anche su Caravaggio e mette in luce particolari curiosi della sua vita privata. Il volume è talmente denso di storie che è impossibile riassumere il contenuto che attraversa gli eventi più importanti della vita di Roma dalla fondazione ai giorni nostri. Augias ci consegna un’opera memorabile che contribuisce a far conoscere meglio la nostra capitale, compiendo un’opera di divulgazione storica che si richiama alla lezione di Indro Montanelli. Lo stile piano e accessibile è un punto di forza di un libro che è di facile lettura come un romanzo giallo, ma al tempo stesso è profondo come un documentato saggio storico.
Abbiamo avvicinato Corrado Augias per rivolgergli alcune domande su I segreti di Roma e in generale sulla sua carriera di giornalista e scrittore.
Nei suoi libri racconta il passato di città come Parigi, Londra, New York e Roma. Perché questa scelta?
Passato e presente. Le città sono il massimo concentrato di umanità esistente. Le città parlano con quello che c’è ma anche con quello che non c’è, a patto ovviamente di saper vedere anche ciò che manca. Saper leggere una città è una delle massime gioie conoscitive di cui disponiamo.
Come mai da tempo preferisce la forma del saggio a quella del romanzo per raccontare la società contemporanea?
È cominciato con Parigi dieci anni fa. Il libro ebbe un tale immediato favore che la voglia di continuare è stata irresistibile. Durante la mia vita professionale sono vissuto in varie città estere così ho continuato con New York, poi Londra e infine Roma, che è la mia città.
Ricordiamo i suo romanzi che diventarono sceneggiati televisivi, la trilogia di Giovanni Sperelli… Volevano raccontare un periodo difficile della storia italiana?
Volevano mettere insieme due predilezioni e due esigenze. Un thriller, più esattamente una trilogia di spy stories, e il racconto di un periodo storico che giudico fondamentale, il decennio che va dal 1911, cinquantenario dell’unità e data della guerra di Libia, al 1921, vigilia della marcia su Roma. Giovanni Sperelli come personaggio principale fu un divertimento. Immaginare un fratello commissario di polizia per il dandy dannunziano Andrea Sperelli Fieschi d’Ugenta, protagonista del Piacere.
Come è avvenuto il suo incontro con Parigi?
La prima volta ci arrivai in autostop dopo la maturità. Fu amore a prima vista anche grazie alle molte letture fatte. Posso dire di aver coltivato la letteratura e la saggistica francesi quasi come quelle italiane. Parigi è una città meno bella di Roma, se vogliamo, dove però si vive meglio.
Preferisce vivere a Parigi o a Roma?
A uno che aveva scritto in una notina biografica “vive tra Parigi e Roma”, un bello spirito rispose: allora vive in cima al Monte Bianco. Io vorrei riprendere la frase in senso proprio. La mia residenza è Roma ma vado a Parigi appena posso e ci resto quanto posso.
Il suo rapporto con New York.
Difficile. Ci sono rimasto quattro anni e sarei potuto restare per sempre ma non ce l’ho fatta. Mi mancava l’Europa. Forse se ci fossi arrivato a vent’anni sarebbe stato diverso, chissà.
E con Londra?
Molta ammirazione, nessun affetto. Di Londra ammiro ciò che è e ciò che rappresenta. Gli inglesi nei loro rapporti interni sono stati maestri di tolleranza. Il discorso sui loro rapporti esteri, a cominciare dalle colonie, sarebbe diverso. La Gran Bretagna, includo anche Irlanda del Nord, Scozia e Galles ha una letteratura grandiosa, dimostra ammirevoli modi civilizzati, una tenacia collettiva degna di ammirazione.
Pregi e difetti di Roma.
Roma, nella sua parte storica, è una delle città più belle del mondo. La cura che ne hanno avuto le ultime amministrazioni l’ha migliorata. Tralascio il discorso sulle periferie che comunque hanno anche conosciuto dei miglioramenti. Chi apprezza la bellezza a Roma ha di che colmare gli occhi, e la mente. Chi non conosce la città non sempre ha la vita facile. Da questo punto di vista Parigi funziona meglio, le amministrazioni pubbliche per esempio e i trasporti sia urbani sia interregionali.
Uno dei capitoli più intriganti del suo libro I segreti di Roma è quello che descrive la congiura contro Giulio Cesare. La scena delle ventitrè pugnalate è descritta con lo stile del narratore noir più che con il distacco del saggista. Un’altra parte da romanzo horror è quella che descrive Cesare Borgia detto il Valentino mentre uccide il giovane Perrotto. Sembra di vedere quel sangue che salta in faccia al papa e che gli macchia di rosso la tonaca bianca. Sono passaggi voluti o la passione per il delitto gli ha preso la mano?
L’omicidio di Cesare è l’archetipo di ogni delitto politico. Preparazione, esecuzione, conseguenze. Sono contento che si giudichino quelle pagine degne di un racconto noir. Infatti la mia intenzione è proprio questa: raccontare la storia vera, ciò che è veramente accaduto (per quanto ne sappiamo) invece di una storia creata dalla fantasia del narratore, sia pure contro uno sfondo reale. Aver abbandonato per ora i romanzi non mi ha fatto dimenticare la gioia di poter narrare.
Da cosa deriva il suo interesse per delitti e misteri?
Questa domanda mi è stata fatta molte volte. La mia risposta, chissà se è vera, è che rimasi molto impressionato da adolescente dalla lettura dei Tre Moschettieri. Quel romanzo mi sconvolse, per molto tempo quasi non riuscii a pensare ad altro. Quell’impressione profonda derivava, ritengo, dal sapiente impasto che c’è nel libro tra avventura, erotismo, storia, ardimento, bene contro male.
Un suo libro che non ho letto (ma che mi procurerò presto, anche perché sono livornese) è la biografia romanzata di Amedeo Modigliani. Cosa la affascina nella vita di questo geniale pittore?
Più che fascino curiosità. Cercare di sapere che cosa successe a Modigliani quando arrivò a Parigi e si ridusse a diventare un povero ubriacone lui che era un figlio educato e ben vestito della buona borghesia ebraica livornese. Credo di aver risolto l’enigma. Quando Amedeo sbarcò a Montparnasse capì che tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento non serviva a niente e che doveva cominciare daccapo. Ci mise più di dieci anni.
Perché è così difficile parlare di libri e fare programmi culturali in televisione?
Non è così difficile – basta sapere che si parla a nicchie di spettatori ed essere pronti a pagare le conseguenze in termini di ascolto.
Quali sono i suoi programmi per il futuro come scrittore, giornalista e conduttore televisivo?
Continuare a fare quello che faccio, finché potrò – in tutti i sensi.