In attesa di averlo graditissimo ospite al NebbiaGialla Suzzara Noir Festival, MilanoNera ha avuto la gradita opportunità di porre qualche domanda Giulio Massobrio – Tierradentro- Bompiani
A dare il titolo a questo straordinario romanzo non è un luogo immaginario. Tierradentro esiste davvero. Si trova in Colombia, nel dipartimento di Cauca. Oggi è un parco archeologico situato nel nord delle Ande e dichiarato patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1995. Accoglie numerose tombe ipogee di epoca precolombiana, scavate fra il VI e il X secolo, proprio come si racconta nel romanzo.
Più che un noir, Tierradentro dentro potrebbe essere considerato una spy story e un fantastico racconto d’avventura. Tutto ha inizio nel marzo 1948, quando l’inglese Martin Davies, professore universitario di archeologia e agente dell’Intelligence di Sua Maestà, viene inviato in Colombia dai servizi segreti del suo paese con un duplice incarico: quello ufficiale, “in chiaro” di ritrovare l’amico archeologo Theodor Kant, misteriosamente scomparso durante gli scavi nei pressi di San Agustín e quello di raccogliere informazioni sui nazisti che dopo la disfatta del Reich si sono trasferiti in Colombia.
Nel Paese sudamericano risiedeva già una comunità tedesca sospettata di portare avanti le aberranti ideologie hitleriane. Con i nuovi arrivi esisteva il pericolo che si organizzassero per dare vita a un governo totalitario che avrebbe potuto destabilizzare i Paesi vicini, da sempre politicamente instabili.
La vicenda narrata, perfettamente in bilico fra storia e fantasia, come si conviene a una perfetta nonfiction novel, tocca eventi di grande rilievo, come l’assassinio a Bogotà del leader del partito liberale Jorge, Eliécer Gaitán, amatissimo dal popolo e probabile vincitore delle imminenti elezioni politiche. E qui vale la pena di fare un inciso perché lo stile narrativo dall’autore è così efficace da dare un’immagine quasi cinematografica della violenta sommossa che ha insanguinato la capitale.
Il romanzo risulta molto avvincente per la trama degna della miglior tradizione spionistica e per la descrizione delle palesi ingiustizie, delle violenze e delle vessazioni a cui è sottoposta la popolazione degli indios da parte di alcuni gamonales, signorotti locali divenuti latifondisti dopo aver espropriato con la violenza i legittimi proprietari. I gamonales, rappresentati da don Enrique, hanno un ruolo di primo piano nella storia perché utilizzavano proprio i tedeschi come esercito privato e le loro azioni sono così violente da impensierire il Regno Unito fino al punto da inviare l’agente Martin Davies a scoprire cosa abbiano in mente di fare.
Quello che però rende affascinante questo romanzo dalla prima pagina all’ultima è la descrizione dei luoghi e della società colombiana fino a farne un grande, sontuoso arazzo che sfata i troppi luoghi comuni attraverso i quali questa terra magnifica e lussureggiante è conosciuta in Europa.
Questo romanzo è il terzo, l’ultimo della serie dedicata a Martin Davies. Leggendolo, si intuisce un forte interesse personale, anzi un amore per la Colombia. E’ così?
Un amore vero, profondo, perché tocca le corde nascoste, quelle che proteggi con tanta cura e che, un giorno, al Museo del Oro di Bogotà, si sciolgono davanti agili stupendi prodotti di popolazioni pacifiche che, prima di fondare un nuovo villaggio, negoziavano le regole da seguire con gli spiriti della foresta, Che credevano nei cicli della natura, fra i quali quello fondamentale: il ciclo mestruale, così importante da far sì che anche una donna fosse cacica, tramite ed esegeta degli spiriti.
Un amore che esplode nelle vene, tue e della donna con cui condividi queste esperienze, quando navighiamo per la selva amazzonica allagata dal grande Amazonas, in un’atmosfera verde, sopra, sotto, intorno, in compagnia di uomini dalle poche parole, ma dai gesti antichi come il tempo.
Come si è documentato sulla società colombiana negli anni post bellici?
Il primo stimolo è stato un libro: Los informantes di Juan Gabriel Vazquez, il più grande scrittore colombiano vivente, forse il più grande dell’America Latina di oggi. Poi sono venuti altri libri, ricerche sulla Rete di storie e di immagini, fotografie, film in bianco e nero, perfino la relazione di Scotland Yard sull’omicidio di Gaitán. Ma soprattutto due viaggi in Colombia alla ricerca delle tracce lasciate da quel tempo lontano, ma non scomparso.
Se venisse fatta una riduzione cinematografica del romanzo, chi vedrebbe nei panni di Martin Davies? E in quelli della bella Carmen Luz? La domanda ha lo scopo di dare un volto a questi due personaggi a cui aggiungerei anche Nestor e la povera Consuelo.
Per Martin un attore che trasmetta una tranquilla sicurezza, ma anche un’inquietudine latente sempre pronta a prevalere. Per Carmen Luz un’attrice bella dall’espressione intensa, dagli occhi in grado di trasmettere serenità, ma cangianti fino a diventare lampi di furia vendicatrice.
Per Nestor, un attore che interiorizzi un senso di colpa infinito riuscendo a nasconderlo fino all’attimo finale. Per Consuelo, una donna qualsiasi, senza aggettivi particolari, che ha vissuto interiorizzando l’odio per chi l’ha resa succube e che aspetta di poter rovesciare un destino crudele e ingiusto.
Il suo romanzo ci mostra una Colombia diversa da quella che immaginavamo: la terra feroce dei grandi trafficanti di droga. Nel ’48 la società colombiana aveva due facce: da un lato quella mostrata dalle telenovele sudamericane: fasti e ipocrisie dei gamonales e delle famiglie ricche e da’altro la miseria di chi era stato espropriato dei propri diritti. Oggi come stanno le cose?
La Colombia, come le sue donne, la sua natura e la sua storia, è molte cose insieme. Oggi è un paese in fase di espansione economica, importante sul terreno politico continentale, forte abbastanza da esportare le sue conoscenze militari acquisite in decenni di guerre nelle foreste e lungo i fiumi. Un paese che, però, non è ancora riuscito a debellare la produzione di coca e che, con il nuovo governo, ha di fatto annullato i passi in avanti fatti dal predecessore. Un paese che rischia molto di ricadere nell’endemica storia che si ripete sempre uguale fin dall’epoca della sua fondazione.
Una terra verde, verdissima lussureggiante, ricca di tesori archeologici. Cosa le ha ispirato questo romanzo i cui si avverte una certa nostalgia?
L’archeologia, la natura, la storia tormentata dei luoghi…
Sapete cosa vuol dire emozionarsi fino a sentire un groppo in gola? Restare attoniti davanti a una natura infinitamente grande ed eterna? Sconvolgersi fino a comprendere nella carne quello che Eduardo Galeano chiamava le vene aperte dell’America Latina?
Parliamo delle figure femminili: anzitutto Carmen Luz, poi Consuelo, infine di doña Benita e delle sue stravaganti figlie: Marina e Asunción. Il contrasto con la sorella di Martin, la compassata Chris è fortissimo. A chi si è ispirato per delineare questi caratteri?
La Colombia è femmina e le sue donne sono la Colombia. Le vedi ovunque, dalla giovane dai tratti esuberanti, alla vecchia india che canta nenie millenarie e ti invita a danzare con lei un ballo che risale a un tempo scomparso. Per trovare ispirazione basta andare a vedere una strada di una città colombiana, una spiaggia infinita regno dei cormorani e delle palme, una montagna lunga quanto un continente, una tomba in cui potresti precipitare per i gradini che sono terra dura non rimossa, solo squadrata, le statue di Fernando Botero.
Diverse da Chris? Sì e no. Chris è l’Europa, l’inizio della storia ma non la sua conclusione. Alla lunga, però, l’essenza resta la stessa, quella di chi è capace di dialogare con l’infinito.
Un racconto di viaggio, una spy story, un romanzo d’azione, un thriller politico … in quale categoria letteraria inserirebbe Tierradentro?
Ahi. Chi lo sa? A chi importa? Cosa cambia? Certo che è un racconto di viaggio, ma anche una spy story e via dicendo. Mi piacerebbe che fosse tutte queste cose insieme, perché quando Daniela ed io abbiamo pensato e scritto questo libro –Daniela è mia moglie e tutti i libri che ho scritto escono solo con il mio nome per ragioni che non riesco a capire- non ci siamo posti l’obiettivo di scrivere solo una spy story o un racconto di viaggi, eccetera, ma di fare un libro che è più che scriverlo, nel quale potessimo mettere tutto ciò che ci aveva catturati.
Una storia in cui i mescolano forti passioni e feroci crudeltà, invenzioni letterarie e molta verità storica. Accingendosi a scrivere, lei aveva già delineato una trama precisa oppure si è lasciato trasportare, come succede spesso agli autori, dalle vicende e dai caratteri forti dei suoi personaggi? Voglio dire: li ha sempre tenuti sotto controllo oppure ogni tanto ha lasciato che prendessero vita propria almeno negli episodi di contorno?
I personaggi dei nostri libri vivono con noi anche dopo che li abbiamo finiti. Figurarsi se non sono riusciti a fare quello che volevano mentre cercavamo di tenerli insieme in un canovaccio almeno ordinato di fatti e accadimenti.
E’ proprio deciso ad abbandonare per sempre Martin Davies?
Sarebbe logico e corretto. Nella trilogia Martin segue quello che junghianamente è il cammino dell’Eroe: Rex, la chiamata e le prime lotte, Autobus Bianchi, la tragedia e il crollo delle illusioni, il risultato mancato, Tierradentro, la rinascita e il mutamento definitivo del personaggio. Solo dopo la parola fine all’ultimo romanzo mi sono accorto che ciascuno dei tre seguiva questo cammino. Insomma, sembrerebbe perfetto, almeno da questo punto di vista. Ma chissà, i personaggi vanno dove devono e fanno ciò che sono Quindi…
Progetti per il futuro? Ha un’altra serie in mente?
Sto rifinendo un romanzo, una spy story pura, che ho progettato per lungo tempo, per la sua contemporaneità e per l’ambientazione. Ma soprattutto per il suo assoluto realismo, frutto come sempre di ricerche, indagini, informazioni ricevute.
Ringraziamo Giulio Massobrio per la disponibilità.
L’appuntamento con Giulio Massobrio e Tierradentro è al NebbiaGialla Suzzara Noir Festival – 1/3 febbraio 2019 – Suzzara (Mn)
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