David Salas è un giovane ma dotato filologo e filosofo che ha appena ottenuto il dottorato al Trinity College di Dublino, sulla cui vita però pesano la pesante eredità di un nonno famoso scrittore e di un padre scomparso nel nulla quando lui era ancora piccolo. Ciò nonostante, la sua vita promette soddisfazioni.
Un giorno viene incaricato di recarsi in Spagna, sua terra d’origine, per cercare informazioni su un prezioso testo antico, anche grazie alle sollecitazioni della madre. Una voltà lì si imbatte in un circolo letterario piuttosto chiuso e particolare condotto da Victoria Cortès, nota scrittrice con il pallino della sperimentazione e, scoprirà poi, dell’occulto, chiamato La montagna artificiale. Lo scopo di questa congrega? La ricerca dell’invisibile attraverso il visibile, la ricerca di un concetto che identifica con il vero Graal, forse differente, o forse no, da quello del mito e della leggenda e tramite cui conoscere la vera luce alla base della creatività.
Quando ho iniziato questo romanzo ero del tutto rapito dalla trama e dal personaggio, al momento inusuali e dalle atmosfere misteriose alla Zafòn che lo permeavano e lo attraversano fino alla fine. Devo dire che la ‘caccia al tesoro’ su cui è costruita la trama, nettamente e dichiaratamente in stile Dan Brown de ‘Il codice Da Vinci’, con tanto di misteriosi cattivi e omicidi al seguito, poteva non farmi impazzire come archeo-thriller anche se, bisogna dire, sono stato rapito e coinvolto dai numerosi e ben documentati riferimenti letterari, storici, archeologici e pittorici, tutti reali come precisa l’autore alla fine del libro.
Insomma, un’altra copia di Dan Brown alla ricerca del Graal? No, e se lo fosse stato non avrei letto oltre la metà. Infatti Serra dosa con il bilancino la quantità di Storia, di thriller e di mistero, inteso come occulto, tanto da non scivolare del tutto in uno scimmiottamento altrui che cavalca le mode, ma di rendere il tutto molto personale. E l’idea centrale, ovverossia che il Graal possa essere un concetto o addirittura un ‘altrove’ anziché un oggetto in particolare, addirittura come ricerca dell’ispirazione, devo dire che è un’intuizione davvero stimolante.
Non posso, ahimé, scrivere oltre misura della trama – già solitamente ne parlo poco quando recensisco – ma, arrivando in fondo, potreste trovare non solo un finale su cui porvi domande, ma anche un tocco dell’autore che vi sconsiglio di leggere prima e che lascia aperti degli interrogativi molto cari a noi scrittori.
In definitiva, Fuoco Invisibile è un thriller insolito. se non inquadrato nel genere archeo-fantasy, lineare e accattivante, almeno a mio parere. Certamente possono sembrare noiose alcune parti dedicate ad approfondimenti storici e architettonici, ma solo a chi detesta quegli argomenti. Per il resto è una felice scoperta, pur aspettandomi qualcosa di più dalla seconda metà in cui, lo ammetto, troppi elementi mi si sono rivelati facilmente prevedibili.