BitGlobal – recensione e intervista a Pietro Caliceti



Pietro Caliceti
BitGlobal
Baldini & Castoldi
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In questi giorni in libreria, BitGlobal, (Baldini&Castoldi) è il secondo romanzo dell’avvocato milanese Pietro Caliceti, dopo il fortunato L’ultimo cliente, uscito a inizio 2016 sempre per Baldini&Castoldi.

Pietro, con BitGlobal hai scritto un altro thriller ambientato nel mondo dell’alta finanza. Come spieghi questa tua predilezione per storie ambientate in questo scenario, oltre che con il fatto che praticamente tu ci “lavori” tutti i giorni?
Penso che la finanza offra una prospettiva non solo utile, ma imprescindibile per capire il mondo di oggi. In fin dei conti, se dal 2008 tutte le nostre vite sono cambiate, è stato a causa della finanza: e dunque è soprattutto lì che dobbiamo guardare, se vogliamo cercare di capire la realtà.

La storia è ambientata fra Milano, Londra e la piccola isola di Jersey. Nell’era della globalizzazione tutto è davvero diventato a portata di un clic o di qualche ora di aereo… Hanno ancora un senso certi confini, materiali o “culturali”?
In realtà no: oggi un qualunque diciottenne della periferia più sperduta sa istantaneamente quello che avviene in ogni parte del mondo, può parlare con chiunque quasi a costo zero, e se vuole viaggiare gli costa un centesimo di quello che costava a noi alla sua età.  E il mondo del lavoro non fa che riflettere questo stato di cose: la competizione, il confronto, ormai è dovunque su scala planetaria. Questa, volenti o nolenti, è la realtà con cui si confronta l’Italia reale.  Il problema è che l’Italia letteraria fa finta di non vederlo, soprattutto nel campo della giallistica: nella maggior parte dei casi, le trame, le ambientazioni, lo stesso vocabolario che ci sentiamo proporre dai nostri giallisti sembrano venire da cinquant’anni fa, quasi che nel frattempo non fosse cambiato nulla.  Ecco, i miei libri vogliono essere anche una reazione a questo modo di dipingere l’Italia, che a mio avviso è totalmente avulso dalla realtà e soprattutto non le fa giustizia.

 Il protagonista di BitGlobal è un avvocato d’affari, Greg Giuliani, con tanta competenza e una buona dose di “pelo sullo stomaco”. Quali sono le caratteristiche che dovrebbe possedere un legale che si occupa a livello professionale di queste tematiche?
L’hai detto giusto tu: tanta competenza e tanto pelo sullo stomaco.  Per essere veramente un bravo avvocato, non basta conoscere bene la legge: bisogna anche saperla usare come uno scacchista usa le pedine, leggere dentro le persone come uno psicologo, e sapere bluffare come un giocatore di poker.

Nei grandi studi legali avvengono spesso lotte all’ultimo sangue per il predominio e la leadership… Ti ci sei mai trovato in mezzo?
Be’, in effetti sì.  Anche per questo per tanti anni ho preferito esercitare da solo.

 Parliamo del bitcoin, al quale hai dedicato la tua ultima storia. Per i non addetti ai lavori, riesci in quattro… righe a spiegarci di cosa si tratta?
In due parole, bitcoin sta facendo al sistema monetario tradizionale quello che Napster ha fatto ai cd.  Mentre nel nostro sistema tradizionale quando vogliamo trasferire del denaro dobbiamo passare per forza attraverso un intermediario (una banca, la posta, una carta di credito, Money Transfer, PayPal), bitcoin consente una trasmissione del denaro peer-to-peer, annullando qualsiasi costo di transazione, almeno in linea di principio

Stiamo assistendo al declino dell’economia “reale” a favore di quella virtuale. Quali sono i rischi insiti nella “virtualizzazione” dell’economia e del modo di fare finanza?
Qui c’è un po’ un equivoco di fondo.  Tutti pensiamo – o siamo indotti a pensare – che la virtualizzazione della finanza sia una novità di internet; ma se si studia la storia della moneta ci si accorge che il processo è iniziato molto prima, almeno dal Quattrocento, quando i banchieri fiorentini (vedi, ancora l’Italia che torna), per risparmiare ai loro clienti che andavano in giro per l’Europa a fare le fiere la necessità di portarsi dietro grandi quantità di contanti, si inventarono le cosiddette “lettere di cambio”: il cliente depositava il suo contante presso la banca fiorentina, e questa gli dava una lettera con il quale il cliente poteva ritirarne l’equivalente in un altro Stato, in valuta locale (da qui, appunto, il “cambio”), presso un banchiere straniero d’accordo con il fiorentino.  I banchieri italiani ci misero poco a notare che queste lettere iniziavano ad essere scambiate come se fossero esse stesse denaro, e ci misero ancor meno a capire che era estremamente improbabile, per non dire impossibile, che tutti i clienti a cui avevano emesso queste lettere si ripresentassero  a chiedere indietro i loro soldi simultaneamente.  E dunque si misero a emettere queste lettere di cambio per somme molto superiori a quelle che avevano in deposito: perché avevano calcolato che, statisticamente, per essere tranquilli bastava mantenere in deposito anche solo una frazione dell’ammontare complessivo delle lettere di cambio emesse. La virtualizzazione della finanza inizia da lì: da quello che, in gergo tecnico-bancario, si chiama principio della riserva frazionaria.   Solo che, a distanza di secoli, questo principio ha portato l’intero sistema monetario attuale sull’orlo del collasso (e, si badi, in questo bitcoin non c’entra nulla).

Domanda da un milione di… bitcoin! Come vedi il futuro dell’alta finanza, a livello mondiale?
Risposta molto più modesta: non so proprio, ma in qualche modo credo di averlo appena detto, tre righe sopra.

 Torniamo sulla Terra… Descrivi l’avvocato e scrittore Pietro Caliceti ai lettori di MilanoNera.
Non mi piace tanto parlare di me.  Penso di essere un bravo avvocato, a cui piace scrivere e a cui sembra di avere qualcosa di nuovo da dire.  Se sono anche un bravo scrittore, e se quello che scrivo è veramente nuovo, devono dirlo i lettori.

 Ultima domanda, quella mia classica. Il sogno nel cassetto di Pietro Caliceti?
Ahahah…. Poter vivere solo scrivendo libri. Ma non ditelo a mia moglie, la prospettiva di avermi in casa tutto il giorno la atterrisce!

Intervista a cura di Gian Luca Antonio Lamborizio
La recensione a cura di Giusy Giulianini

Non c’è violenza, né spargimento di sangue e nemmeno un omicidio al centro del nuovo romanzo di Pietro Caliceti, BitGlobal, ma non c’è dubbio che tratti di un crimine e che questo sia narrato rispondendo con rigore alle tre classiche domande della whodunit: chi, come, perché. Un thriller, anzi, vista la tensione che emerge palpabile dalle prime pagine e che non cede fino all’ultima, al colpo di scena conclusivo.
L’autentico protagonista del romanzo, però, è bitcoin (con l’iniziale minuscola), la moneta virtuale che dal suo debutto nel 2009 ha visto aumentare il suo valore da 0,05 dollari agli odierni 2.838, con l’omonimo software (questa volta con l’iniziale maiuscola) su cui gira la moneta. Bitcoin è in potenza la panacea dell’e-commerce: nessuna commissione, nessuna necessità di conto corrente bancario, transazioni in continuo aumento, operatori che l’accettano in crescita esponenziale, un business in teoria valutabile da 130 a 2.600 miliardi di dollari.
La SPAC (Special Purpose Aquisition Company) Special one, che contende a Enterprise la prerogativa di essere la prima della storia italiana, mira alla cattura di questo core business tentando di acquisire la britannica BitGlobal e con essa dar vita a una società di fusione, con azioni quotate in borsa e profitti stimati in cifre da capogiro.
A capo di Special one e di Enterprise si fronteggiano due abilissimi manager di nobile lignaggio, l’urbinate Leonardo Della Rovere la cui stirpe vanta ben due papi e il veneziano Alvise Mocenigo che ha invece una lunga scia di dogi alle spalle: brillanti entrambi, senza scrupoli, decisi a sconfiggere il rivale più ancora che a segnare il punto decisivo, Mocenigo farà di tutto per ostacolare Della Rovere nella realizzazione del suo obiettivo.
Della Rovere si appoggia allo studio legale d’affari più prestigioso di Milano e forse d’Italia, Ludovisi & Partners che, dopo il sostanziale ritiro del fondatore, è ora governato da Greg Giuliani, il socio specialista di Mergers & Aquisitions, e da Lapo Montalcino, il suo omologo per Restructuring. L’equilibrio di potere all’interno dello studio è però precario perché, si sa, “uno studio legale non è una democrazia, non può esserlo per natura. Ha bisogno di un capo, come un branco di animali ha bisogno di un maschio alfa”.
Ecco, quindi, che ben presto l’antagonismo tra Giuliani e Montalcino si trasferisce alla sfida tra Della Rovere e Mocenigo. Montalcino arriva a passare informazioni riservate a Mocenigo per ostacolare Della Rovere, e quindi Giuliani ma, in una corsa contro il tempo e grazie all’impiego di astuzie e cavilli, Special one riesce nel suo intento.
Giuliani ora, con i fidi collaboratori Mengoni e Laurenzi, dovrà confrontarsi con i manager di BitGlobal e i loro legali londinesi, lo studio Lyndons, primo tra tutti l’abile e carismatico Liam Greene, verso il quale l’interesse dell’avvocato milanese non resterà confinato al mero ambito professionale.
La fusione comunque si farà, nascerà la nuova BitSpecial che da subito apparirà come l’affare dell’anno, proiettando Ludovisi & Partners al primo posto nell’olimpo degli studi legali più prestigiosi, ma…Oltre non si può andare, a rischio di svelare il nucleo del mistero.
BitGlobal è un romanzo illuminante che con competenza esaustiva, ma non nozionistica, accompagna il lettore tra i meandri oscuri e non di rado spregevoli dell’alta finanza, dove vero più che mai è l’asserto di J. P. Morgan, forse il più celebre banchiere di tutti i tempi: ‘L’oro è denaro, tutto il resto è credito’.
E in quella parola ‘credito’ è racchiuso un atto di fede: fidarsi, credere alle promesse di manager senza scrupoli, ai miraggi di guadagni spropositati, a “un mondo totalmente nuovo… un mondo libero dai condizionamenti delle banche centrali, libero dalla spirale del debito, libero dalle commissioni di gestione, un’idea così grande da risultare addirittura inestimabile”.
Per la seconda volta Pietro Caliceti, lui stesso uno degli avvocati italiani più stimati in campo societario e finanziario, offre un ritratto realistico e spietato di un’economia malata, che già ci ha travolti e non si fermerà lungo una china inarrestabile e spersonalizzante.
Lo fa con un linguaggio preciso e affilato, in cui i tecnicismi e l’utilizzo frequente della lingua inglese sono funzionali a evocare l’immagine di un ambiente in cui né l’imperizia né l’ingenuità trovano spazio alcuno, in cui anzi solo i fuoriclasse possono restare in lizza.
A che prezzo? Non fidarsi di nessuno, neppure dei propri clienti, essere sempre disposti a superare la linea d’ombra, perfino ad ammettere che non lo fai per soldi ma “perché se l’hai fatto una volta, e un’altra, e un’altra, non puoi fare altro che farlo ancora. Perché se non lo fai, vuol dire che non ne sei più capace”. Una coazione a ripetere insomma, contro tutti e, quel che è peggio, contro se stessi.
BitGlobal è anche un romanzo del privilegio, degli ambienti più esclusivi, siano i lussuosi ristoranti di Milano o di Londra oppure i circoli elitari come Il Giardino o il Golf Club Varese, incapaci però gli uni e gli altri di ovviare a un senso crescente di precarietà e di solitudine alienante che rende stanchi “di sentirsi di passaggio, stanchi di cancellare dall’I-Phone numeri memorizzati solo qualche settimana prima, stanchi di buttare via indumenti di estranei che non sarebbero mai neanche venuti a chiederli indietro”.
BitGlobal è infine il romanzo di una Milano che mostra, lei capitale finanziaria d’Italia, i segnali allarmanti di una nazione in svendita in cui si fatica a riconoscersi, in cui è sempre più arduo trovare un senso di appartenenza.

 

Lamborizio, Giulianini

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