S’intitola “Appuntamento a Trieste”, il romanzo di Giorgio Scerbanenco (La nave di Teseo pag. 298, euro 17), scritto 1952 a puntate su Novella e recentemente ripubblicato grazie alla sensibilità di Elisabetta Sgarbi. La guerra è da poco passata, ma non è finita. Se gli eserciti hanno esaurito il loro compito ma le spie restano in piena attività, dall’una e dall’altra parte, in Europa e in Unione Sovietica; da un lato gli Alleati ancora in Italia, attenti a ciò che avviene a poca distanza in Jugoslavia, dall’altro i comunisti di Tito, esponenti del socialismo reale che cercano di fare breccia in una città di confine come Triste. E poi ci sono le storie d’amore, le pene e le sofferenze di tre giovani in un’epoca molto oscura, in cui il pregiudizio prevale sul giudizio e la libertà viene data col contagocce.
Ma soprattutto Giorgio Scerbanenco in questo libro ha la capacità di regalarci i pensieri e le sensazioni di un’epoca che ci permette di rileggere una pagina della storia d’Italia, una storia di confine. Una spy story anomala ambientata in una realtà che oggi pare altrettanto anomala Lì, in bilico fra due mondi, l’Ovest e l’Est, Diana giovane cartolaia triestina e Kirk, agente statunitense sotto copertura, si amano ancora, nonostante lui sia morto. Ha infatti subìto un agguato dai nemici jugoslavi, ed è bene che i comunisti s’illudano di averlo eliminato, in realtà Kirk è vivo, ma non dovrà mai più vedere Diana. Ed ecco allora sprigionarsi la forza del ricordo che in entrambi i protagonisti porta sofferenza e dolore; spunta discreta la presenza di Riccardo, giovane medico che si inserisce nella vita di Diana e altri personaggi di contorno, ambigui come ambigui sono i servizi segreti: Visc, spia rossa che ha il compito di controllare Riccardo, l’amico d’infanzia al quale Diana adesso deve fare riferimento per dimenticare; verrà comunque a sapere che Kirk non è mai morto. Il libro scorre (molto bene) tra personaggi che sono realmente esistiti e le grandi manovre spionistiche del mondo diviso in due.
E anche di là, oltrecortina (Trieste nel Dopoguerra non è ancora italiana), oltre la libertà, ci sono sentimenti che esprimono tutta la loro di vivere di quei giovani, senza che nessuno però li ascolti. C’è Bella, sorella di Vsic, il capo degli agenti di Tito a Trieste. Lei sta a Verona, ostaggio del fratello che considera pericolosa la sua instabilità mentale. E a Verona il caso vuole che Riccardo trovi lavoro, dopo aver scortato Diana nel rifugio in un paesino montano sopra il lago di Garda. E proprio dalle sensibilità femminili di Diana e Bella, avrà luogo la svolta della storia che Scerbanenco sviluppa con grande sensibilità e con una scrittura che non risente affatto del tempo.
Un ottimo romanzo che si legge d’un fiato, nonostante prevalgano angoscia e tristezza in quei giorni bui, lascia intravedere come l’orizzonte letterario di Scerbanenco col tempo sia sempre più ampio e prepari le storie che ne faranno il cantore della Milano criminale degli anni Sessanta. Romanzi quali “I ragazzi del massacro” e “Traditori di tutti” e con una raccolta di racconti splendida, dall’intramontabile titolo “Milano calibro 9” trovano linfa anche da qui. Illuminante la prefazione al libro della figlia Cecilia.
Appuntamento a Trieste – Giorgio Scerbanenco
Mauro Molinaroli