Anna O – Matthew Blake
Cosa facciamo, esattamente, quando dormiamo? Come mai al risveglio non ricordiamo mai i sogni? Chi ci garantisce che restiamo tutta la notte immobili nel nostro letto e non andiamo invece in giro a combinare guai? Guai, aggiungo, di cui poi non abbiamo assolutamente memoria.
Sono domande inquietanti che si è posto l’inglese Matthew Blake, autore di questo romanzo, soprattutto dopo avere scoperto che una persona passa in media dormendo trentatré anni della propria vita; che c’è tutto uno studio sui crimini legati al sonno, con tanto di specialisti, ed esiste una malattia conosciuta come “sindrome della rassegnazione” che induce l’individuo a una sorta di catalessi a tempo indeterminato. Blake si interessa altresì ai delitti compiuti in casi di sonnambulismo, dove la colpevolezza viene meno per un fatto di mancata consapevolezza, e così nasce il suo primo romanzo dal titolo Anna O (La nave di Teseo, aprile 2024), con la sinistra frase stampigliata in copertina: Anna Ogilvy ha ucciso nel sonno, e potrebbe farlo ancora.
Ad ispirare all’autore il titolo Anna O, un nome di donna con la sola iniziale del cognome, è stato nientemeno che Sigmund Freud, in quanto il padre della psicanalisi così chiamava una delle sue prime pazienti. E questo per evidenziare quanto studio deve esserci stato dietro questa storia, che si presenta senza dubbio come un thriller psicologico, cervellotico, compreso di numerose nozioni tecniche nel campo della psicologia. Anche lo stile non è semplice, come nei classici thriller canonici, ma è più ricercato. Determinato a inculcare sensazioni claustrofobiche e di sospetto, a costo di risultare qualche volte ridondante.
La Anna O a cui ci si riferisce è una giovane di venticinque anni, di famiglia importante, che ha una passione per la scrittura e si è realizzata come imprenditrice fondando una rivista cartacea. Da quattro Anni, però, Anna giace addormentata in un ospedale che cura i disturbi del sonno, finita in quelle inspiegabili condizioni dopo avere pugnalato nella notte due suoi amici, in occasione di una vacanza che si era concessa coi suoi genitori e il fratello.
Nessuno è mai riuscito a fare nulla per lei, ma adesso incombe la necessità di svegliarla e metterla di fronte alle sue responsabilità, in vista di un eventuale processo.
L’unico che può riuscirci, strappandola a una sorta di morte apparente, è lo psicologo forense Benedict Prince, quarantenne esperto di crimini legati al sonno. Quest’ultimo è ossessionato dal caso di Anna Ogilvy sin da quando è capitato, nel 2019, in quanto la sua ormai ex moglie Clara era il funzionario di polizia che per primo era giunto sul posto.
E così Prince accetta l’incarico e fa di tutto per riportare in vita Anna, anche se questo vuol dire scoperchiare all’improvviso un profondo vaso di Pandora, dove i confini tra bene e male, tra colpevoli e innocenti, si rivela molto labile.
Per tutta la storia il lettore si chiede se i fatti siano andati o meno nel modo in cui sono stati descritti. Davvero Anna ha ucciso due suoi coetanei? Davvero può essere innocente? E allora, chi è stato? Può essere pericoloso riportare in vita quella che dai media viene chiamata “la bella addormentata”? Lo stesso Prince è in pericolo? Se non lui, la sua famiglia? La figlia piccola che ha?
Quante domande, vero? Però il romanzo si presta a elucubrare, fare supposizioni.
Un dramma inquietante e corposo, diviso in cinque parti, che si fregia della buona traduzione di Tiziana Lo Porto. Il finale non si fa mancare il colpo di scena con botto.
Poteva mai essere il contrario?