Un gorgo, che mulinella lento ma inesorabile, trascina verso il fondo i protagonisti della storia e il lettore. È questa la sensazione avvolgente mentre si legge “Una giornata nera” di Aldo Costa, in pubblicazione a maggio da Marsilio Editore. Il libro esce postumo, a distanza di poco più di un anno dalla scomparsa dell’autore piemontese, che era anche un recensore senza remore.
Questo romanzo ce lo restituisce al massimo della sua abilità di raccontatore di storie, con una capacità di scrittura impressionante nell’attenzione al dettaglio, anche minimo, apparentemente insignificante, che poi risulta uno degli elementi indispensabili per costruire il puzzle dell’intera storia.
E poi il “Caso”, che Costa ha la capacità di far incombere in ogni momento, in qualunque scelta, nello sviluppo della vicenda. Un “Caso” decisivo in più occasioni, ma determinato da eventi naturali, comportamenti quotidiani, tanto decisivo da risvegliare memorie omeriche.
È coinvolgente e appassionante la capacità dell’autore di sminuzzare i singoli momenti di una storia che si condensa nell’arco di poco più di un’ora. Una capacità di scrittura del dettaglio da sembrare un’autopsia del tempo, delle emozioni e dei sentimenti, capace di dare un ritmo lento ma perfettamente sintonizzato con l’avvicinarsi del precipizio.
“Una giornata nera” è la storia di una coppia in un momento di difficoltà del loro rapporto, minato da piccole contrarietà, all’apparenza superabili, ma che nascondono una crisi più profonda, in atto da tempo che probabilmente non vogliono ammettere. Sono in auto di grossa cilindrata su una strada tormentata, tutta curve e dalla carreggiata stretta. Decidono di fermarsi per un caffè in un bar-trattoria costruito a strapiombo sul mare, una brutta costruzione in cemento. E lì cominciano a incastrarsi tanti altri piccoli ostacoli nel meccanismo del loro rapporto, che ne alimentano e accelerano l’esplosione. Un oste invadente e truffaldino, che coglie il momento di difficoltà tra i due e ne approfitta per piazzare cibi e bevande non richiesti, presentando alla fine un conto esagerato, innesca un processo di autodistruzione. L’arco di tempo che intercorre tra la fermata dell’auto e la conclusione si dilata inverosimilmente, alternando i dialoghi tra i due e tra loro e il proprietario del bar-trattoria. Con l’elemento fondamentale di una linea internet assente, che isola tutti e tre dal mondo, per la maggior parte del tempo. Con piccole prove di forza psicologiche tra l’uomo e la donna e l’oste e l’uomo, in una continua triangolazione, che interrompe costantemente il filo di discorsi che viaggiano paralleli, di diversa importanza, ma che poi si intrecciano per aiutare il “Caso” a determinare lo sviluppo della storia. Il finale è sorprendente, ma perfettamente coerente, se si prendono in considerazione tutti i piccoli frammenti, soprattutto emozionali, che Costa ha distribuito nella minuziosa ricostruzione della vicenda.
Un libro che riconcilia con la scrittura, quella bella, densa, consapevole. Un romanzo che sarebbe meglio non lasciarsi sfuggire. La testimonianza forse più importante che Aldo Costa abbia lasciato della sua attività di autore. Chissà se sarebbe contento di una recensione molto positiva, lui recensore feroce e stroncator (a volte) cortese.
Aldo Costa: Una giornata nera
Michele Marolla