La dodicesima carta



deaver
La dodicesima carta
sonzogno
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�Il pi� grande scrittore di thriller dei nostri giorni�, cos� il New York Times defin� Deaver qualche tempo fa: bene, viene da domandarsi se l’etichetta valga ancora dopo aver letto questo libro; forse dovremmo risponderci di no, dato che Deaver sar� pure un grandissimo, ma con questo romanzo non � che lo dimostri molto. La dodicesima carta � infatti una prova opaca, sottotono, solo parente alla lontana delle precedenti. Ci sono s� Rhyme e le sue indagini �da remoto� con la partecipazione di Amelia Sachs, ma da sole non reggono del tutto la scena: sono meno entusiasmanti del solito, vanno lente, come se corressero per raggiungere un autobus imbottigliato nel traffico. Quello che manca � il ritmo incalzante a cui Deaver ci ha abituato, quel susseguirsi incessante di colpi di scena che spiazza il lettore ogni volta che crede d’aver intravisto la soluzione all’enigma. In questo libro, i colpi di scena che compaiono verso la fine sembrano in verit� forzati, quasi inseriti per allungare una storia che fino a quel momento ha detto poco e condurci verso un finale ancor meno soddisfacente. Mi rendo conto d’essere forse troppo critico con un romanzo comunque leggibile, ma Deaver ci ha abituato a opere ben migliori e del resto nessuno � infallibile: stavolta � stato meno bravo che in altre occasioni. Speriamo che i tempi de Il collezionista di ossa o Lo scheletro che balla ritornino presto…

giuseppe pastore per OperaNarrativa.com

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