Metodico.
Riservato.
Tranquillo.
Andrea vive le sue giornate con una prevedibilità quasi pericolosa.
Il primo lavoro al supermercato come coordinatore delle distribuzioni, il secondo presso uno spedizioniere come gestore dei pacchi, infine il terzo, come tuttofare presso un antiquario.
Rientra. Cena con quella donna che lo ha salvato da una vita anaffettiva e a modo suo, senza troppe smancerie, lo ama come nessuna prima di lei.
Legge molto, ripensa all’amato nonno che gli ha insegnato tutto quello che sa, riga dritto.
Tutto scorre con una lentezza quasi irreale.
E reale, infatti, non è.
Proprio quando spezza la sua quotidianità, proponendo alla sua compagna di passare a prenderla al mare, rientra a casa e quella casa è diventato il luogo perfetto per un’imboscata.
Qualcuno vuole ucciderlo.
Ma Andrea Rasic è preparato. Capisce in un lampo quello che sta per succedere e, sotto gli occhi dell’incredula Susanna, fredda a colpi di pistola i potenziali killer.
Ed è in quel preciso momento che gli si presenta, come una lama tagliente, lo spettro di un passato che torna.
E torna da quel passato anche il suo alter ego. Andrea Rasic era Husky. Un nomignolo attaccato addosso per quella eterocromia negli occhi e la freddezza di chi nella vita ha dovuto imparare a cavarsela sin dalla tenera età.
Susanna, accanto a lui, è sconvolta. E non riconosce più l’uomo con cui vive.
Andrea non ha tempo di spiegarle.
Devono fuggire.
Inizia così un racconto che da un lato procede verso il futuro e la speranza salvifica della coppia, dall’altro riprende i giorni di gloria di Husky.
Uno spaccato di storia italiana, di un Veneto dedito al lavoro e ai guadagni, di profitti illeciti, di armi e cocaina da smerciare, di bambini senza infanzia, degli ultimi che cercano un riscatto verso se stessi, verso chi avrebbe dovuto amarli, verso la vita che troppe volte ha barato.
Perché quella solitudine di chi non si sente parte del mondo, a volte inciampa in una solitudine simile. E cresce. E si sfama di nuove disperazioni. E diventa fuoco.
Husky, Lele, Weekend, lo Zingaro, Milady: destini incrociati, stessa voglia di adrenalina, stessa brama di soldi e di potere.
La ghenga degli storti nasce così, ai tavolini di un bar della provincia di Gorizia. Si alimenta di piccoli furti, di aspiranti malviventi che si spostano in bicicletta, di negozi ripuliti per rivendere la merce.
La benzina è tanta e di strada ne fanno parecchia. Cresce il coraggio di puntare più in alto. L’incoscienza di riuscire a farla franca. L’illusione di una vita senza pensieri.
Più si sale più bisogna sporcarsi le mani. E più ci si sporca le mani, più impronte si lasciano a segnare il cammino.
Si accumulano contanti e imputazioni con la stessa rapidità.
Fino al punto di rottura.
Fino a non riuscire più a sopportare il peso di una gabbia. Dorata, ma pur sempre una gabbia.
A distanza di anni, Andrea crede di dover saldare i conti di quei giorni lasciati in sospeso ma forse ha dimenticato la cosa più importante: gli storti sono Amici. E tali rimangono.
Fulvio Luna Romero ha una penna dinamica. Descrive e riflette con tempismo e precisione, cattura il lettore e lo trascina in un vortice di dialoghi efficienti, ricostruzioni fedeli e tensione latente.
Leggerlo risulta davvero piacevole.
Un’ottima compagnia.


