Il vizio del lupo – Gianluca Gualducci



Gianluca Gualducci
Il vizio del lupo
Piemme
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Gianluca Gualducci con “Il vizio del lupo” ci porta a Bologna, non quella dei portici e delle torri, non quella delle piazze cantate da Lucio Dalla e delle osterie che profumano di leggenda, ma la Bologna meno affascinante della periferia, delle zone industriali, degli interessi economici in quella zona così ancorata alla Pianura Padana ma con lo sguardo e i sogni naturalmente rivolti versi l’Adriatico. Edito da Piemme, racconta una storia per nulla banale che tocca le corde dei sentimenti familiari, del rispetto per le persone tenendo sempre la barra dritta verso l’intricato percorso che pagina dopo pagina porterà il lettore alla risoluzione dell’enigma. Protagonista è Gianluca “Lupo” Mannari, un soprannome inevitabile con un cognome del genere.

La trama, decisamente ingarbugliata, di fatto parte dal ritrovamento di un primo cadavere, barbaramente ucciso e fatto ritrovare con una frase in latino come enigmatico messaggio. Una frase che di per sé potrebbe anche non avere senso ma che è riconducibile al suo inventore, a Gianluca Mannari, nella quotidianità manager in una multinazionale e nel tempo libero nei panni di un appassionato giocatore di guerre simulate con soldatini in miniatura. Un hobby come un altro che però mette Lupo in cima alla lista dei sospetti. Non avendo modo di incriminarlo, la Polizia, più precisamente la toscana Nina Bonciani, lo tiene in qualche modo sotto osservazione mentre lui si improvvisa investigatore suo malgrado intrecciando lovestory con la sorella della prima vittima e, niente di meno, proprio con la poliziotta incaricata di tenerlo d’occhio più per mancanza di alternative che per convinzione vera e propria.

Sullo sfondo una Bologna in un certo senso malinconica, pronta ad espandersi immobiliarmente per favorire torbide speculazioni e capace di respirare solo quando lascia le autostrade e le tangenziali per inerpicarsi verso gli Appennini. In questo precario equilibrio di sentimenti e giochi di ruolo, Lupo avvicina pian piano la verità ma non riesce a impedire che i morti diventino due, poi tre e quindi quattro quando il colpevole viene finalmente smascherato portando a galla una storia di ambizione e frustrazione che lascia nel lettore la sensazione che forse la verso verità non sia realmente venuta a galla. Una sensazione che è ben presente anche in Lupo, l’unico a non arrendersi di fronte all’evidenza.

Una storia che mette in risalto le contraddizioni di una società dove le ambizioni sono più forti dei legami e dove le verità precostituite rappresentano il più grande ostacolo verso la limpidezza. In questo scenario Gianluca Gualducci tratteggia il personaggio di Lupo, soprannome scontato se ci si chiama Mannari di cognome: un uomo che ama le belle macchine, capace di prendere con leggerezza problemi di grande rilevanza e affrontare con grande serietà situazioni al limite dell’infantile. Un uomo che incarna una serie di contraddizioni, devoto al lavoro ma incapace di costruire e custodire legami che possano avere una parvenza di solidità: un approccio alla vita che solo in rarissime circostanze di sente in dovere di mettere in discussione. Un detective molto sui generis, naturalmente esposto al rischio per manifesta incoscienza ma che alla fine non può che empatizzare con il lettore, quasi indotto a tifare per un uomo tanto forte nella sua comfort zone quanto fragile e improvvisato quando mette piede fuori dall’ideale giardino di casa.

Daniele Bonetti

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