Qualcuna ha qualche idea per cambiare la condizione della donna visto che, ormai, siamo nel secondo decennio del Duemila?
Le politiche internazionali ci sono, le leggi in realtà pure, l’educazione scolastica e familiare sembra aver fatto passi avanti in questo senso…eppure.
Eppure le donne continuano a essere vittime di abusi, violenze, discriminazioni, femminicidi.
La scelta di Viveca Sten è molto di più di un thriller psicologico e va letto non fosse altro per premiare lo straordinario impegno profuso dall’autrice nel confezionare una trama dove l’alto tasso di adrenalina proprio dei romanzi di genere si fonde e si confonde con una veritiera e contemporanea diapositiva della società scandinava del momento.
La Sten, anzi, insiste con determinazione nel raccontare ai lettori che esiste un’altra Svezia oltre a quella dei magnifici fiordi e del welfare efficientissimo che fornisce il dentista a gratis ai bambini dell’asilo. La Svezia dell’autrice è fatta di periferie pericolose, giunte comunali che devono far quadrare il bilancio, strutture sociali a corto di contributi e finanziamenti e donne con figli piccoli da proteggere da maltrattamenti familiari. Una Svezia più realistica e più simile a tante altre parti del mondo.
Qui, a Sandhamn, pittoresca località turistica nella contea di Stoccolma vive Mina, svedese di nascita e sposata con Adreis Kovac un immigrato della ex Iugoslavia che allo scoppio della guerra nel suo paese è dovuto fuggire e rifugiarsi nel nord Europa. Le cicatrici di questo evento doloroso della sua vita di bambino, continuano a lacerare il suo animo e a renderlo fondamentalmente un uomo facilmente portato agli scatti di ira e a comportamenti violenti nei confronti di sua moglie Mina.
La donna, prima cerca di scansare tutto le occasioni e i pretesti per non incorrere nelle violenze fisiche e verbali di suo marito e pulisce, rassetta, sforna piatti stuzzicanti, si prende perfettamente cura di suo figlio e riempie di premure il marito. Poi cerca di rassicurare i propri genitori che riuscirà a dare una svolta positiva alle condizioni del suo matrimonio. Infine, dopo una ultima sera di terrore dove le percosse dell’uomo la fanno finire in ospedale con gravi complicanze, decide di farsi aiutare dalle forze dell’ordine e dagli assistenti sociali a trasferirsi con il suo piccolissimo e bellissimo bambino in una casa sicura. Anche questa struttura, però, finisce per non essere un rifugio perfetto e definitivo e allora Mina per la prima volta nella sua vita deve fare una scelta difficile, importante, definitiva per mettere in salvo sé stessa e il suo bambino.
Le pagine di azione e suspense pura create dall’autrice in questo romanzo sono affidate al lavoro dei suoi personaggi feticcio Thomas Andreasson e Nora Line, protagonisti così amati dai lettori e così narrativamente giusti da far arrivare la Sten all’ottavo libro della serie “Omicidi a Sandhamn” con un seguito di appassionati in tutto il mondo, mentre il resto della bellezza di questa storia, invece, è consegnata al racconto di una solidarietà femminile che si declina in ogni ruolo, personaggio, intento del racconto.
E così, più che l’immagine stereotipata della Svezia del welfare, viene rimandata con forza e potenza al lettore, quella del sostegno emotivo, economico e fisico tra le donne. Le poliziotte e gli assistenti sociali, le madri e le amiche, le sconosciute e le vittime a loro volta di soprusi. Una rete enorme che se collabora e si organizza può davvero fare la differenza nella vita di tante vittime.
La Sten in questo thriller sembra scrivere quasi per sé stessa, quasi a rammentare che le donne fortunate, indipendenti e circondate di amore non devono mai dimenticarsi di chi vive la condizione di Mina e che raccontare di loro serve proprio a non far affievolire l’attenzione su una piaga sociale ancora tutta da combattere e debellare.
E allora, qualcuna ha qualche idea per mettere fine a tutto questo?