Questa storia comincia con il commissario capo della squadra mobile di Como, Giovanni Armani – trasferito da due anni alla questura lariana e con l’incalcolabile fortuna di abitare a Villa Bastoni, la casa di famiglia ereditata dal nonno, un’invidiabile residenza a due piani fronte lago, tra Lallio e Aregno,vicino a quella di di George Clooney e solo a una diecina di chilometri dalla Questura -, quando a sera, prima di pigiare il testo del lettore Dvd e assistere beatamente alla versione della Gatta sul tetto che scotta, versione 1958 con Elisabeth Taylor avvinta in una sottoveste di seta, squilla il telefono. Deve rispondere e… E come lui dovrà farlo l’acido e grintoso magistrato a capo della procura di Como, Giacomo Cacciaguerra – detto “ el dutur Penadimorte”, con idee politiche decisamente “padane” , piccolo Ras locale e fortunato marito della più ricca e bella ereditiera del lago, Viola Citterio figlia del proprietario dell’azienda tessile Salas,- interrotto dalla vibrazione del suo cellulare mentre è impegnato a festeggiare a tavola per la cena di classe dei comaturandi di trent’anni prima.
Prima ipotesi, per quella improvvida e poco gradita chiamata fuori orario, sarà un probabile omicidio. Luogo del fattaccio poi la splendida Villa Romanoff, privilegiata residenza nobiliare che domina il lago dall’alto dei 715 metri di Brunate, oggi magnifica location della lussuosa Beauty-Farm arricchita da servizi particolari e frequentata da gran parte della crema locale.
Al centro e protagonista principale della scena del crimine, una splendida donna, morta, ritrovata in un box, nuda su un lettino da massaggio e con la cintura di un accappatoio attorno al collo. La defunta è Micaela, responsabile organizzativa della Spa e direttrice della villa. L’allarme è stato data da uno strano cliente che si dichiara mezzo siciliano, mezzo tunisino e mezzo croato. Insomma… uhm gatta ci cova, ragion per cui verrà subito sospettato dal procuratore e fatto arrestare. Da qual momento il povero ma testardo e volitivo commissario Giovanni Armani dovrà fare i conti un indagine da prendere con le molle, con testimonianze delicate, molti clienti sono grossi nomi anche politici o scivolosi maggiorenti locali che tentano inesorabilmente di ingabolare lui e la sua squadra, composta dalla efficiente sovrintendente di polizia, la parmigiana Verdiana Verdi, e dall’agente scelto Gennario Vanagloria.
E pensare che Armani, quando in seguito a un mortale scontro, drammatica conseguenza di una tragedia durante in un’azione, dopo lunghissimi mesi di riabilitazione psicologica aveva accettato il trasferimento da Milano, era convinto che la questura di Como, città d’origine della sua famiglia, si sarebbe dimostrata una destinazione di tutto riposo, lontana dalla delinquenza metropolitana.
E invece ora, con in mano poche o nulle evidenze, si trova proiettato dritto al centro della mischia. Insomma con un bel casino da sbrogliare e in più costretto a indagare agli ordini dell’acido procuratore Giacomo Cacciaguerra, – senza poter dire di no – e con lo stravagante appoggio del catastrofico ma incomprensibilmente fortunato infiltrato, l’agente Salvo Buonfine.
L’indagine per la donna morte a Villa Demidoff va a mischiarsi infatti con una segretissima operazione antidroga montata da mesi per bloccare certe grasse fonti di narcotraffico. Ci potrebbero essere collegamenti? Ma? Forse perché questo: I milanesi si innamorano solo di sabato –un perché ben spiegato da Vignali: solo di sabato, perché la domenica riposano e tutti gli altri giorni lavorano – si trasforma in una storia in cui a conti fatti quasi niente poi sarà come sembra. Eppure, forse, tra gli agguati, gli inseguimenti, i trabocchetti, le corna incrociate e i tanti gustosi colpi di scena di un’ investigazione che va a sovrapporsi a un’operazione in grande stile della Dea forse potrebbe capitare un sorpresa, magari anche un colpo di fulmine. Mai dire mai…
Dopo la fortunata tetralogia riminese con per interprete principale il vicequestore (niente femministici rigurgiti di rivalsa per lei) Costanza Confalonieri Bonnet, che ormai ha lasciato ripartire il fascinoso americano della DEA, riappare alla grande in un lungo sfizioso cameo di I milanesi si innamorano solo di sabato, in appoggio alla spinosa situazione e a fare comunella con lo scoraggiato commissario Giovanni Armani.
Nuova ambientazione e nuovi personaggi ma ancora una volta Gino Vignali centra il bersaglio con il suo humour e la sua penetrante leggerezza, coniugati al ritmo sempre indiavolato delle sue storie. Tensione, erotismo, brio poi si rivelano atout vincenti della trama che, in un continuo altalenare di sensazioni riesce a mixare con rara abilità dubbi, tormenti, insicurezze e sogni,. Intelligente e godurioso e, come sempre, l’ho letto volando. Scritto bene, arguto, nuovi protagonisti che convincono con il vigoroso supporto della “nostra” Costanza Confalonieri Bonnet, a vedersi una fata, la poliziotta più bella toccata in sorte a una qualsivoglia Questura. Colei , aristocratica, straricca oltre che per eleganza spopola per il suo scultoreo lato B e benché ormai in corsa per la promozione a questore in Lombardia, fa tranquillamente avanti e indietro in treno dalla sua (l’ha ereditata dal padre) suite, la 401, la Gradisca, del famoso Grand Hotel di Rimini, e si inserisce generosamente nella narrazione per farci sentire meno orfani.
A presto, ci contiamo….
Gino Vignali (Milano 1949) è uno scrittore milanese. Il suo nome è da anni legato a quello di Michele Mozzati, un sodalizio nato ai tempi dell’università e che li ha resi celebri come Gino & Michele. Sono tra i fondatori dell’agenda Smemoranda, hanno partecipato alla nascita del cabaret Zelig e ideato l’omonima trasmissione televisiva. In coppia con Michele ha pubblicato numerosi libri, di narrativa e non, tra cui Anche le formiche nel loro piccolo s’incazzano (1991) e Neppure un rigo di cronaca (2000). Nel 2018 ha pubblicato con Solferino il giallo La chiave di tutto.