Uno straordinario romanzo che raccoglie, come dev’essere per l’opera matura di uno scrittore, tutti gli elementi che hanno caratterizzato la narrativa dell’Allende in questi anni. Dal fantastico all’epopea storica, dalla centralità del femminile all’apertura al mondo senza reticenze né timori.
Inés dell’anima mia è Inés de Suarez, l’unica donna spagnola che ha partecipato alla Conquista del Cile nel 1840 accompagnando (ma non certo supinamente) Pedro de Valdivia, il suo amante. Parliamo di una donna moderna, coraggiosa e appassionata.
Per una profonda considerazione della propria dignità di donna, Inés ha prima attraversato l’oceano, dalla Spagna all’America seguendo le orme del primo marito, Juan de Málaga, un uomo infedele, scansafatiche e inaffidabile ma affascinante e passionale; poi viaggiato (come si poteva fare tra pericoli di ogni genere negli anni Trenta del Cinquecento) nel continente sudamericano sino in Perù e, avuto notizia della morte del marito, anziché ritornare sui suoi passi verso la Spagna (come suggeritole addirittura dal terribile Pizarro, vigliaccamente colpevole dell’assassinio di Juan), ha varcato il deserto di di Atacama arrivando in Cile al fianco del suo amante Pedro de Valdivia e del suo futuro marito, Rodrigo de Quiroga, e affrontando la furia degli elementi, la natura ostile e, naturalmente, gli indigeni, corraggiosi e combattivi, come del resto si dimostra essere la nostra protagonista, quasi del tutto dimenticata nei libri di storia che, non a caso, sono scritti da uomini.
Come la stessa autrice ha avuto modo di sottolineare, proprio l’assenza di grandi riferimenti a questa figura femminile nelle documentazioni d’archivio, le ha permesso di immaginarla seguendo la sua fantasia, dando così vita a un personaggio con radici storiche ma con rami proiettati nel fantastico, secondo il gusto e la passione dell’Allende.
Sicuramente Inés è una donna vincente, non solo coraggiosa ma determinata e volitiva, e indubbiamente fortunata. Riesce a superare situazioni pericolose e violente, ottenendo un certo benessere economico, ma anche potere, terra (è tra i fondatori di Santiago) e amore.
È una grande storia di passione, immaginaria ma non troppo, di una donna del XVI secolo energica e combattiva, ma è anche la ricostruzione della Conquista spagnola del Cile vista attraverso gli occhi degli occidentali e in particolare di una donna spagnola e radicatamente cattolica ma così aperta e critica da sembrare (forse troppo?) una femminista del Novecento.
Ricordiamo le parole di Isabel Allende tratte da un’intervista incentrata su questo romanzo: “io non credo che tutta la storia sia vera perché la scrivono dopo, la scrivono gli uomini e, soprattutto, la scrivono i vincitori. La storia ufficiale è sempre un lato, un aspetto della realtà, non tutta.”
La Allende si è presa il compito di raccontarne la parte nascosta, non dimenticando neppure il punto di vista degli indigeni, le cui varie civiltà e le cui personalità entrano a far parte della vicenda così come lo fanno gli uomini mandati dalla Spagna a combattere e conquistare quei luoghi, per la maggior parte ostili anche dal punto di vista climatico e geografico. Una grande epopea parzialmente sconosciuta che riviviamo intensamente in queste pagine.