Vertigine – Franck Thilliez



Franck Thilliez
Vertigine
Fazi
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Immaginate di risvegliarvi da un brutto sogno e di ritrovarvi di colpo catapultati in una grotta gelida e desertica, al centro di una terra dimenticata dagli uomini, dove la ragione è condannata a collassare senza la bussola del tempo. Artefice di questa macchinazione diabolica, un’entità sconosciuta che sembra sapere tutto di noi allo scopo di distruggerci, a metà tra il male estremo di cui parlava Hannah Arendt e il genio maligno di Cartesio.  
Chiunque esso sia, l’unica certezza è che l’abisso non abbia limiti e sia ad un tratto divenuto tangibile.

La follia non suona così vuota. Trattenetelo nella memoria questo rumore metallico. Finché riuscirete a sentirlo, saprete di non essere pazzi.”

La partita a scacchi con la morte, in questo ultimo best seller di Thilliez, è giocata da tre emeriti sconosciuti (Jonathan, Farid, Michel),  tra loro agli antipodi per aspetto, cultura e ceto, che si ritrovano di colpo trasformati in scarafaggi. Anzi peggio. 
Nel cuore di un deserto siderale, che pare essere la gola oscura della terra,  i tre uomini si ritroveranno davanti a una tenda, delimitata da una parete di ghiaccio e da un misteriosa galleria. Due di loro sono in catene, il terzo è apparentemente libero ma sulla testa ha della dinamite pronta a esplodere, il viso intrappolato da una maschera di ferro. 
L’unica cosa che hanno in comune è un marchio sulla schiena, diverso per ognuno di loro:  un cartello  che invita a sciogliere un’enigma suicida, mettendoli l’uno contro l’altro . Chi sarà il ladro? Chi il bugiardo? Chi l’assassino?
Al protagonista Jonathan, un ex alpinista forgiato dai duri insegnamenti della montagna, non resterà che cercare di farsi forza per racimolare le poche speranze nella lotta alla sopravvivenza che pare condannare lui e i suoi compagni a una regressione allo stato bestiale. Fino a quando, a poco a poco, la verità su ciascuno di loro non verrà a galla, e a quel punto il gioco sadico delle tre carte apparirà solo come l’apri pista a un’atroce roulette russa.
Un nuovo precipizio si aprirà sul tema del conflitto tra l’uomo e la bestia, dove il trofeo della sopravvivenza è destinato a passar sopra ogni legge umana, annientandone la differenza.
Nell’universo kafkiano di Thilliez, la struttura del thriller viene modulata in un complesso meccanismo di specchi riflessi che rilanciano una serie di temi a catena, sul labile confine tra umanità e bestialità, e tra disumanità e pazzia. Temi che sono alla radice della nostra storia.
Cosa ci rende realmente umani? La risposta l’aveva data Antigone, partendo dall’ etimologia del termine stesso « in-umare »: solo chi ha il culto dei morti e ne rispetta la sacralità del corpo può dirsi tale, anche in un contesto ostile dove la natura nemica lo costringa a rinunciare agli ordinari parametri civili. 
La seconda domanda è più complessa. Una volta varcato il predetto confine tra umano e disumano, cosa può considerarsi  pazzia? E in relazione a quale verità ? 
Proprio quando la terra madre si trasforma in una prigione inospitale, il senso del vivere deflagra con tutto il suo calore, come un paradosso:

È sottoterra che le persone mostrano chi sono veramente. Il massimo del calore umano lo si condivide in fondo a una miniera” afferma Farid, confidandosi con Jonathan. 

Sarà questa la luce in fondo al tunnel, o forse solo l’inizio di un nuovo precipizio?
Forse il nemico è molto più vicino di quanto si possa credere. E potrebbe essere un soggetto tangibile, o un semplice gioco di specchi. Un incubo  che apre la finestra  a un nuovo incubo, dove fine e inizio sono le estremità destinate a incontrarsi del doppio  serpente che disegna l’infinito.
Perché la Verità stessa, alla fine, non è che un’illusione. 

Silvia Alonso

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