Un omicidio a Parigi – Matthew Blake



Matthew Blake
Un omicidio a Parigi
La nave di Teseo
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Parigi, 1945. 

In una città provata da anni di guerra, l’Hotel Lutetia, che era stato lo sfarzoso sfondo di feste dell’alta società parigina, viene adibito a centro di accoglienza per i reduci dei campi di concentramento della Germania Nazista, che lì attendono di essere interrogati dalle Autorità per verificare la veridicità delle loro storie.

Parigi, 2025, Josephine Benoit, pittrice novantaseienne si presenta all’Hotel Lutetia, nel cui atrio campeggia un suo famoso dipinto, e dichiara di chiamarsi Sophie Leclerc e di avere ucciso la vera Josephine, ottanta anni prima, proprio nella camera undici che entrambe occupavano. 

Demenza senile o confessione tardiva di una colpa che con gli anni è diventata troppo pesante per essere sopportata?

Indaga la polizia, indaga la nipote di Josephine, Olivia, che vive a Londra, è una psicoterapeuta specializzata nel recupero dei ricordi rimossi e a sua volta combatte ogni giorno la silenziosa battaglia con il senso di colpa.

“Omicidio a Parigi” intreccia presente e passato secondo sul filo della memoria, mettendo a confronto epoche, stili di vita, sistemi di valori e raccontandoci come il filo conduttore del ricordo comune possa tenere unite generazioni e Paesi.

Matthew Blake si rivolge a un pubblico che sa apprezza il fascino di storie introspettive e ricche di atmosfere suggestive, che esplorano temi complessi come l’identità e la colpa. Il mistero non manca. 

I suoi personaggi, costruiti con cura, sono tutti quanti portatori di un dolore sordo, inespresso, che si trascina nel tempo e si incontrano e si scontrano nella loro battaglia quotidiana, incapaci di vera alleanza ma uniti dalla necessità (professionale o personale) di risolvere il mistero di Josephine-Sophie, che diventa la tela bianca su cui finalmente proiettare il proprio dolore.

“Omicidio a Parigi” è un viaggio oscuro nel tempo, nello spazio e dentro gli abissi dell’animo umano, se ancora umano si può chiamare dopo essere stato sottoposto agli orrori della guerra e dello sterminio. 

Orrori che oggi più che mai è bene tenere vivi nella memoria.

Michelangela Barba

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