“Questa è la storia di Bella, che una mattina si svegliò e si rese conto di non poterne più.”
Sporco weekend è uno di quei libri che non si dimenticano facilmente ed il motivo è presto detto: fa leva su un ingrediente che il nostro cervello metabolizza con estrema difficoltà, vale a dire la violenza.
E di violenza ne trovate in quantità industriali in quest’opera del 1991 che segnò l’esordio della scrittrice inglese Helen Zahavi.
Tanto per intendersi di cosa si parla, basta ricordare che il libro in questione è stato uno degli ultimi per i quali fu richiesto il divieto di circolazione alla Camera dei Lords mentre sul Sunday Times dell’epoca si aprì un acceso dibattito sulla moralità del libro e la stessa sanità mentale dell’autrice che fu attaccata da scrittori come Salman Rushdie.
Infernale, potente, empatico; ma anche: indispensabile, necessario, toccante; e ancora: magistrale, capolavoro; ecco solo alcuni degli aggettivi spesi in 28 anni per questa parabola ultra-noir che in uno stile semi-amatoriale ti avvince dalla prima all’ultima sillaba.
Narrato in prima persona, quasi fosse una favola, dalla stessa Bella che un bel giorno, nella sua insignificante ordinarietà, viene notata dal classico maschio cattivone che la scruta dalla finestra di casa sua e poi l’avvicina per farle capire bene le sue turpi intenzioni.
Bella prenderà coscienza di sé e ribalterà il suo ruolo da agnellino a lupo, da vittima a carnefice poiché, come direbbe il buon Manzoni di Adelchiana memoria, o fai torto o lo subisci.
Sporco weekend però è ancora godibile nella sua efferata elencazione di situazioni pulp che non lasciano respiro grazie ad un personaggio che catalizza l’attenzione e ci mette tutto l’impegno in questo suo percorso da Charles Bronson in gonnella.
Qui le Anastasia Steele e le sue sfumature sono ancora a distanza siderale e non si ha il tempo di riprendersi che Bella ne ha studiata un’altra delle sue fino al the end ammonitivo.
Alla scrittrice, che prese spunto da una situazione da lei realmente vissuta, va senz’altro il merito di chiamare le cose col vero nome e di non sottacere su nulla.
Il linguaggio è duro, l’atmosfera cupa, molti elementi della psiche maschile vengono portati a galla senza remore.
Si è costretti ad interrogarsi, soprattutto dal punto di vista maschile, sulle dinamiche di fondo del rapporto con l’altro sesso ma… resta il ragionevole dubbio dell’effettaccio gratuito, del pugno allo stomaco pianificato,della strizzata d’occhio alla platea voyeristica al di là dell’effetto catartico di tanta violenza.
Un libro comunque da leggere e una scrittrice da riscoprire anche nelle pochissime opere successive a questa prima che ha avuto un notevole successo ed è stata pubblicata in 13 Paesi.