Ad Aosta dicembre pesa su Schiavone come un blocco di ghiaccio. La città vive sospesa fra assillanti canti natalizi e accecanti lucine a intermittenza, mentre la neve scende lenta e trasforma persino ogni vicolo in un ovattato dedalo. È uno straordinario paesaggio che inghiotte i rumori e amplifica i malumori. In realtà, un terreno non certo ideale per un vicequestore che non ama le feste e affronta ogni vigilia di Natale con la certezza di non uscirne incolume. Rocco non li sopporta. L’umore, all’ottavo livello in questo periodo, è sempre nero; il freddo lo colpisce fin dentro le ossa, portandolo a farsi troppo spesso un riassunto mentale del passato.
Insomma Schiavone avanza lentamente in quel bianco splendore bagnato, distruggendo con noncuranza un ennesimo paio di Clarks, blu stavolta, ostinato nel difendere il suo fragile equilibrio fra cuore e mente, memoria e presente, sempre con lo sguardo concentrato di chi guarda più in profondità di quanto voglia ammettere.
Dentro questa nivea e avvolgente cornice invernale deflagra una rapina che da dramma si trasforma rapidamente in una sceneggiata quasi comica. Una banca assediata, ostaggi sotto tiro, estenuanti trattative e alla fine la sconfortante scoperta che i rapinatori si sono dileguati grazie a un travestimento talmente assurdo da sembrare preso in prestito da un palcoscenico di periferia, mentre la questura intera inciampava in un trucco scenico degno di un teatro di provincia. Sarà tuttavia solo l’inizio di un semi-inconcepibile caos che si infila nelle pieghe della città e rimbalza sulle spalle di un uomo che ha sempre mal tollerato il disordine e la stupidità. L’indagine da affrontare con la sua solita squadra raffazzonata sembra un vicolo senza uscita, fino a quando si aprirà con chiarezza all’improvviso, rivelando un reticolo di responsabilità e complicità che porta lontano, da Aosta, fino a un casale immerso nella campagna piemontese.
E se non bastasse, la neve continua a cadere, quasi a voler aggiungere un altro strato di pace e silenzio, mentre alla lista delle rotture di c… si aggiunge la scoperta di un cadavere che affiora minacciosamente nel lago di Maen. Un ennesimo omicidio con il corpo di uno sconosciuto bloccato sul fondo da pesi che denunciano una feroce esecuzione. In parallelo, poi, come inghiottito dal buio, svanisce nel nulla un chimico, senza lasciare spiegazioni.
Tre diverse piste, tre direzioni che parrebbero divergenti, mentre invece i tre enigmi saranno destinati a confluire in un diabolico intrico dove nulla è casuale.
Manzini intreccia abilmente ogni nodo e capriccio della sua trama con ritmo e malizia, architettando una storia che scivola rapida e gelida, come acqua che corre sotto la superficie ghiacciata di un torrente. Come sempre Schiavone affronta il tutto con il suo fare scorbutico, animato da rabbiosi scatti improvvisi e brusche frenate. L’inverno pare volersi accanire contro di lui, lo contraria dentro e fuori, ma non è solo il freddo a tormentarlo. Qualcosa si muove: Marina non torna più nei suoi sogni, Sandra sta meglio, tenta di rialzarsi, sta per uscire dall’ospedale, ma… Oddio, i vecchi amici di sempre restano approdi sicuri, ci sono, ma tuttavia c’è qualcosa che continua a “scassare” le sue giornate. Soltanto Lupa garantisce almeno ore di domestica tregua e, per sua fortuna, la sua squadra — con la loro irriverenza e il loro affetto storto — gli regala ogni tanto qualche momento di respiro, con la loro eccentrica e affettuosa complicità. L’indagine procede a scossoni ma con una nuova energia, sostenuta da una sorta di equilibrio ritrovato fra vita privata e lavoro, senza inutili sbavature e senza incongrue derive sentimentali. Anche il questore e il magistrato stanno diventando amichevoli figure che gli orbitano attorno con un’intesa non dichiarata quanto imprevedibile, e nondimeno utile novità.
Da questo rinnovato mosaico di relazioni emerge un Rocco più coerente, graffiato ma saldo, meno incline alle consuete deviazioni romanzesche e più vicino alla versione che aveva conquistato tanti lettori. La narrazione scorre con ironia e malinconia, alternando velocemente sorrisi e ombre, come se Manzini volesse riportare Schiavone al suo baricentro narrativo, dopo qualche passata incertezza.
Sotto mentite spoglie non è il più potente e significativo capitolo della serie, però restituisce al protagonista compattezza, credibilità e profondità emotiva. È come un ritorno a casa, non in senso geografico ma narrativo: Rocco infatti appare di nuovo riconoscibile, immerso in un ambiente che esalta il suo disincanto e lo spinge a reagire con l’ostinazione di sempre.
E poi, sarà proprio nell’ultima pagina, con quel nome lanciato come una promessa, che intravedremo un regalo per questo ostico Natale, e capiremo come il suo viaggio non sia ancora finito.
Aosta avrà ancora bisogno del suo vicequestore, sempre alieno ai festeggiamenti, e noi dobbiamo solo aspettare per rivederlo. Magari tra poco.


