Quanto mi dai per Endrigo?

Mario Minasi? Oggi, forse solo pochi nostalgici addetti ai lavori lo ricordano, ma fino alla metŕ degli anni settanta, Minasi non era solo l’agente di cantanti noti ancor oggi come Sergio Endrigo o Iva Zanicchi, lui era “l’agente discografico” per definizione. Nel primo dopoguerra Minasi, allora funzionario del ministero degli Esteri, inizia quasi per caso e finisce a fare l’impresario delle orchestre di giro. Poi si getta nella nascente industria discografica nazionale, inventa una professione e crea fenomeni, musicisti che ora si ricordano vagamente, ma che allora muovevano folle in delirio. Promuove l’industria della canzone italiana in tutto il mondo, organizza festival in Giappone, serate in Brasile, tournee in Argentina.

Quanto mi dai per Endrigo?,  strutturato come una serie di interviste, delinea una biografia e insieme tratteggia la storia dell’industria musicale italiana. Alla voce di Mario Minasi – ora ottantaquattrenne – si alterna quella dei personaggi che l’hanno conosciuto, cantanti, musicistim discografici, e che ne testimoniano il talento di impresario geniale e la natura di gran brava persona. Miranda Martino, Jula de Palma, Iva Zanicchi, Marisa Sannia – morta da poco – e Adriano Aragozzini.

Il racconto inizia nel mondo dei locali e delle orchestre nell’Italia che si sollevava dalle macerie del primo dopoguerra, un paese distrutto dove tutto paradossalmente era ancora intero, e possibile. Poi i ricordi di Minasi proseguono con l’epoca d’oro dei night romani, o libanesi – coi loro ori e gli sceicchi capaci di pagare milioni per una bottiglia – all’epoca dei concerti, delle serate, poi arrivano le case discografiche dalle vendite stratosferiche, i capricci dei cantanti, miti fatti e disfatti in una notte, e poi la radio, la televisione, l’epopea di Sanremo, e tutti i giochi di potere che gli ruotavano attorno, e la televisione di quando esisteva solo la Rai. Si parla, certo, di Endrigo, Tenco, Gaber, Pippo Baudo, ma anche Luis Bacalov, il “Quartetto Dinamite” e piů avvincente di tutti, la galleria di nomi ormai dimenticati, che all’improvviso sembrano tanto piů vivi dei miti di adesso, con le numerose foto in bianco e nero ad aumentare la nostalgia.  Un libro fantastico, un tuffo nel passato, una miniera di storie ed aneddoti, cui la patina del tempo ha trasformato il piccante in pittoresco ed il riprovevole in commovente. Come un film, meglio di un documentario. Affascinante.

donatella capizzi

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