Piccoli scrittori crescono
Ed eccoci arrivati al quarto racconto scelto per la pubblicazione fra i migliori scritti dagli alunni dell’Istituto Martino Martini di Mezzolombardo (Trento) nel corso del workshop che si è tenuto a Suzzara il 29 gennaio scorso nell’ambito del festival di letteratura noir Nebbiagialla.
La prima parte, in corsivo, è l’incipit scelto dall’autrice fra i tre proposti.
Nata per danzare
Di Letizia Tonetti
Classe 1° Istituto tecnico Economico
Una corsa pazza nel buio, con il casco integrale calcato sopra i lunghissimi capelli di cui si intravedevano solo alcune ciocche lasciate strategicamente libere sul collo.
Marzia era in ritardo per l’appuntamento con Andrea. Aveva perso più tempo del previsto per convincere i suoi a lasciarla uscire e doveva dare gas se voleva incontrarlo prima che lui entrasse nel locale e la vedesse arrivare in sella al bolide verde.
«Non fare tardi», si era raccomandata la madre. «Domani hai lezione.»
«Solo fino all’una», aveva promesso lei. «Arrivo da Claudia con la moto e poi ci accompagna suo fratello in macchina».
E invece no. Niente fratello, niente macchina.
E, naturalmente, niente Claudia.
La Kawasaki Ninja 300 era stata il regalo per la maturità ottenuta con ottimi voti. Marzia non sarebbe mai scesa dalla sella, ma le condizioni poste dai genitori, a partire dal momento in cui aveva ottenuto la patente, erano state chiare e tassative: piccoli tragitti in paese, fino a quando non sarai davvero esperta.»
«Ma ho la patente!» aveva protestato.
«La patente non dice che sai davvero condurre quel mostro. E, comunque, mai di notte!»
A diciannove anni Marzia era uno scricciolo di ragazza ma in sella alla sua Kawa si sentiva una gigantessa. Le moto erano la sua passione. Avrebbe voluto diventare pilota e correre il Gran Premio come Valentino Rossi, ma qui suo padre era stato categorico: no! La piccola Kawasaki era stata il giusto compromesso per convincerla a iscriversi all’università.
Quella sera, mentre macinava chilometri sulla Provinciale, Marzia era consapevole di violare il patto con i genitori, ma la prospettiva di fare la sua entrata in scena apparendo ad Andrea in sella a quella meraviglia scintillante era stata una tentazione irresistibile.
«Io sarò là dopo le dieci e mezza. Ti aspetto un quarto d’ora per entrare insieme. E’ una festa privata e non saresti ammessa senza di me, » le aveva detto quel pomeriggio sul pullman che li riportava entrambi a casa. E a lei era venuta l’idea di trasgredire alla regola numero uno per farsi ammirare.
Una piccola bravata senza rischi, aveva pensato. Anzitutto non c’era pericolo che la scoprissero, poi la notte era limpida, illuminata da una luna enorme. Poche le auto in circolazione. Al ritorno avrebbe trovato la strada ancora più sgombra e avrebbe potuto spingere a fondo.
Marzia, volando sull’asfalto, sentiva il cuore che cantava.
L’aria le scompigliava i capelli e tutto in quella serata era perfetto. Tutt’a un tratto sentì provenire dalla sua borsa un suono familiare.
«Il mio telefono!» esclamò.
Per un momento pensò di non rispondere perché aveva già violato una regola e non voleva infrangere la seconda promessa fatta ai genitori: non usare mai il telefono mentre guidava.
Stava per lasciar perdere, quando pensò che a chiamarla poteva essere Andrea. Tutti sapevano quando gli desse fastidio che le persone non gli rispondessero.
Tenendo saldamente il manubrio della moto con la destra, frugò freneticamente con l’altra mano nella borsa che portava a tracolla senza perdere d’occhio la strada .
«Trovato!» si disse soddisfatta. Cercò di rispondere ma una luce abbagliante le fece perdere il senso dell’orientamento. Poi, più nulla.
Dopo un po’ di tempo si svegliò in una camera che sembrava una stanza d’ospedale, circondata da persone in camice bianco col viso coperto da mascherine. Tentò di parlare ma tutto iniziò a diventare sempre più opaco fino a quando su di lei cadde di nuovo il buio.
Dopo un paio d’ore, Marzia si risvegliò e tutto sembrava essere più calmo. Il suo primo pensiero coerente fu per Andrea. Pensò a quanto si sarebbe arrabbiato non vedendola arrivare. Poi nella sua mente entrarono i genitori: sicuramente sapevano dell’accaduto e lei era già pronta per la lunga predica per quando si sarebbero incontrati.
«Infermiera! Infermiera! Chiami i miei genitori voglio parlare con loro,» disse con una voce molto debole.
«Non è ancora il momento. Sei troppo debole e il dottore ha detto che devi riposare.»
«Allora lei potrebbe spiegarmi cosa significa tutto questo?»
«Marzia, hai avuto un grave incidente ieri sera. Le tue condizioni erano molto instabili e per un attimo abbiamo temuto il peggio. Ma poi, per una specie di miracolo, la vita è tornata a far parte del tuo corpo. Adesso devi cercare di riposare altrimenti il tuo recupero sarà molto più lento.»
L’infermiera che era accorsa al richiamo, dopo aver pronunciato queste parole uscì dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé. Per un attimo Marzia rimase immobile a pensare a tutto quello che stava vivendo e aveva vissuto.
Il pensiero dei genitori non le dava tregua.
Provò a mettersi in piedi ma si accorse di non sentire più le gambe, come se le fossero state tagliate.
«Aiuto, dottore! Infermiera! Qualcuno mi aiuti. Le mie gambe …»
Arrivò il medico di turno seguito dall’infermiera.
«Dottore faccia qualcosa,» implorò. «Non sento più le gambe. Come farò adesso a ballare? La danza è la mia vita. Senza, non posso vivere,» urlava Marzia, disperata.
«Calmati. Non è detto che rimarrai così per sempre. L’insensibilità potrebbe essere dovuta al trauma. O essere un effetto collaterale degli antidolorifici che ti abbiamo somministrato,» rispose il medico cercando di rimanere calmo.
Nei giorni seguenti si recarono all’ospedale a trovare Marzia tutti i suoi amici, anche Andrea, che era molto preoccupato per lei e aveva perfino iniziato, con i genitori della ragazza, un dialogo che all’inizio era stato molto aspro ma che alla fine aveva lasciato tutti più sereni.
Fu grazie agli amici, ai genitori e al fidanzato che il tempo di attesa per i risultati degli esami di Marzia non risultò insopportabile. Anche se la mente della ragazza era invasa dalle gravi preoccupazioni per le sue gambe, lei era molto felice di avere tanti amici che le erano rimasti accanto in un momento difficile.
La danza per Marzia era una parte importante della vita. Aveva iniziato a studiarla a tre anni, ma è stato solo negli ultimi tempi che si era resa conto di quanto fosse essenziale. Con gli anni, crescendo, era riuscita a perfezionarsi sempre di più, arrivando a inserire nei propri movimenti un tocco magico che suscitava negli osservatori emozioni molto forti. A lei si spezzava il cuore al pensiero che tutto sarebbe potuto finire per sempre.
I risultati degli esami arrivarono e portarono brutte notizie, Marzia non avrebbe più potuto ballare come prima e così svaniva il sogno di diventare una ballerina professionista.
I primi giorni furono molto duri. Fu solo grazie alle persone care e agli amici che Marzia riuscì ad andare avanti.
Un giorno, parecchi mesi dopo l’incidente, quando Marzia ormai sembrava essersi rassegnata al proprio destino, passò davanti ad un grande tabellone dove si affiggevano i manifesti e uno attirò la sua attenzione: era uno striscione molto colorato con la foto di una ballerina e l’annuncio che la Dancing School aveva bandito un concorso che si sarebbe tenuto entro cinque mesi.
Per molte persone quel concorso poteva essere una gara di danza come tante altre, ma per Marzia era diverso: la Dancing School era la scuola a cui avrebbe voluto iscriversi per proseguire la carriera di ballerina che ormai le era preclusa.
Passarono i giorni e Marzia non riusciva a dimenticare l’annuncio. Continuava a pensare a come sarebbe stata felice se avesse potuto partecipare al concorso, poi una mattina si decise. Andò a trovare la sua vecchia insegnante di danza alla quale voleva molto bene. Parlarono per un po’ finché la ragazzina si fece coraggio e le chiese se avrebbe accettato di prepararla per la gara.
Luisa, l’insegnate, rifletté a lungo poi, non del tutto convinta, si decise a rispondere con un “sì” un po’ incerto.
Nei mesi successivi Marzia lavorò con impegno. Le gambe la reggevano a malapena e all’inizio dovette allenarsi in modo differente rispetto agli altri ballerini, ma piano piano ritrovò la stabilità e con la stabilità, la sicurezza di poter ballare di nuovo.
Il giorno della gara arrivò in un lampo e la felicità di Marzia era al massimo. Era passato molto tempo dalla sua ultima esibizione, ma non aveva dimenticato le magnifiche emozioni che le dava il ballo.
Salì sul palco piena di paura, ma piano piano ritrovò la sicurezza di un tempo. Quando la prova terminò capì dagli applausi di aver vinto la sfida.
La sorpresa maggiore fu quando la giuria la premiò oltre che per la sua bravura anche per lo spirito e il coraggio con cui aveva affrontato l’ostacolo che aveva incrociato sul proprio cammino. Ma la vera felicità arrivò quando la direttrice della scuola le offrì un posto alla Dancing School.
Oggi Marzia è felice e molto fiera di non essersi lasciata sopraffare dall’infelicità quando la sua vita è stata stravolta, di aver lottato per raggiungere i suoi obiettivi.