Agghiacciante, e per questo, ancora più spaventoso nella sua realtà, questo “reality” costruito sulla sua pelle dalla trentaduenne giornalista francese Anne Erelle, ma questo nome è un pseudonimo di fantasia dietro il quale, da tanti mesi ormai, vive nascosta e sotto copertura.
Il suo buon lavoro di anni come giornalista free lance, il suo impegno, il suo coraggio e il suo desiderio di svelare i contorti segreti dell’orribile, pericoloso e coinvolgente fenomeno dell’ appiccicoso fascino che la Jihad ha sui giovani occidentali, portandoli a intraprendere un percorso di abbandono degli affetti, di tradimento e di morte e ad arruolarsi nelle file dei combattenti islamici del Isis, l’ha talmente coinvolta da indurla a prendere contatto, a marzo del 2014 via Facebook sotto il falso nome e la personalità di Mélodie, una giovane e sprovveduta tolosana ventenne, con Abu Bilel, francese di origine algerina, trasferitosi in Siria e braccio destro di uno dei luogotenenti di Abu Bakr al-Baghdadi, autoproclamato califfo dello Stato Islamico.
Con l’appoggio di un collega fotografo, e della redazione del giornale con il quale collaborava, Anna/Mélodie cominciò a dialogare via Skype, coperta dal velo islamico, con Bilel, il trentottenne belloccio e tronfio tagliagola che, dopo averla avvolta in un mieloso e pressante corteggiamento, passata meno di una settimana le chiese di sposarlo e di raggiungerlo in Siria per combattere al suo fianco la Guerra Santa.
Un gioco pericoloso, ma che le ha permesso, durante il lungo e faticoso rapporto telematico (registrato, documentato fotograficamente e fedelmente trascritto) che andò avanti per mesi, di scoprire alcuni canali usati dagli estremisti per far emigrare in Irak e in Siria decine, se non centinaia, di giovani sprovveduti in cerca di un mondo di improbabili gloriosi valori in questa nostra difficile era moderna.
Ma il 25 aprile, al momento di partire per la Siria, via Amsterdam, un qualcosa che non va per il verso giusto convince lei e soprattutto il suo giornale a troncare tutto e fare marcia indietro.
Il suo fidanzato guerrigliero mangia la foglia, i servizi intervengono bloccando alcuni ragazzi in partenza per la guerra… I media scrivono che Bilel è morto in azione.
Ma a Luglio 2014: Abu Bilel lancia una fatwa contro Anna Erelle.
Novembre 2014 Anna consegna il testo definitivo del suo libro/inchiesta/reportage Nella testa di una jihadista all’editore francese Robert Laffont.
Il 7 gennaio 2015: il mondo intero è travolto e atterrito dai terribili attentati di Parigi.
L’8 gennaio 2015: Nella testa di una jihadista pubblicato in Francia schizza immediatamente in testa alle classifiche di vendita.
Ma Anne Erelle ha dovuto cambiare vita. Non può più parlare di terrorismo nelle testate per le quali scriveva. Secondo i servizi di sicurezza francesi, Abu Bilel è ancora vivo. E l’inferno della violenza jihadista con la sua grancassa mediatica – il loro “ufficio stampa” è geniale nel servirsi di ogni più moderno e sofisticato mezzo di comunicazione – continua a colpire inesorabilmente.
Nella testa di una Jihadista
Patrizia Debicke