Una donna in cerca di giustizia per la sorella, una giustizia qualsiasi, quella che arriva dove le istituzioni hanno fallito e un investigatore privato, ex poliziotto, che ha perso tutto,soprattutto la dirittura morale e che non ha ancora deciso da che parte stare.Uno che cerca gli altri forse per ritrovare se stesso. Narcolettico, sempre sull’orlo del baratro,in perenne balia dei ricordi delle sconfitte e del buio dell’anima,Paleari si ritrova ancora una volta a dover affondare le mani nella melma e nelle ombre della città per scoprire la verità.
Come sempre la scrittura è il valore aggiunto di Pastori che con una secondo persona che inchioda il lettore in una sorta di dialogo col protagonista, che ci fa sprofondare nella mente e nelle azioni di Paleari. Frasi e incisi spiazzanti, ironici spesso cinici che sottolineano e esaltano la narrazione, diventandone parte fondamentale.
Un personaggio strano Fabio Paleari. Uno che dovrebbe risultare fastidioso data la sua totale assenza di empatia con le persone, e il suo deviato senso etico, ma che invece riesce a creare grande empatia col lettore che riesce a vederlo per quello che è: uno che ha sofferto, che si è perso e che forse tenta, a suo modo di sopravvivere, e trovare un gancio per risalire, anche e soprattutto punendosi.
Pastori ha confezionato un racconto lungo che si snoda per una città bigia e piovosa, una Milano che non è più da bere, ma che anzi cela a malapena la sua miseria morale. Fabio Paleari dovrà confrontarsi ancora una volta con tutto ciò per scoprire la banalità del male.
Nella tana del bianconiglio – Ferdinando Pastori
Cristina Aicardi