La conquista romana della Gran Bretagna provocata soprattutto da motivi politici avvenne durante i primi tre anni del regno di Claudio.
L’imperatore cinquantenne, terzogenito di Druso e Agrippina, il “furbo” zoppo e sciocco della famiglia, messo sul trono dai pretoriani perché considerato solo un burattino, fece presto a dimostrare di non esserlo e a garantirsi dei successi militari in grado di consolidare la sua reputazione. Per sua fortuna suo nipote e predecessore sul trono, Caligola, mirando allo stesso scopo aveva radunato un esercito e una flotta lungo le coste a nord della Gallia.
Claudio ne approfittò, prendendo a scusa la richiesta di aiuto di un principotto locale, per invadere la Britannia nel 43 d.C. e , durante la prima parte della lunga campagna militare, vi fece persino una breve apparizione per guadagnarsi il merito della conquista e festeggiare il suo ritorno nell’Urbe con un Trionfo.
Il compito dei romani fu almeno all’inizio facilitato dalle divisioni endemiche tra le tante tribù locali. Narrano infatti le cronache che ben dodici diverse delegazioni si presentarono davanti a Claudio durante la sua visita per giurare fedeltà a Roma.
Ciò nondimeno, con il passare degli anni , le difficoltà legate alla creazione della nuova provincia romana e lo stillicidio di risorse umane davanti ai magri progressi ottenuti nel conflitto, parvero mettere in dubbio il prestigio dell’impero tanto che dopo la morte di Claudio, nel 54, e l’ascesa al trono di Nerone, si cominciò a mettere in discussione l’invasione e l’occupazione della Britannia . La provincia infatti non forniva abbastanza bottino da compensare i costi delle le quattro legioni e delle unità ausiliarie. Nonostante il considerevole investimento di risorse in Britannia, a Roma ci si chiedeva se non convenisse chiudere con tutta la faccenda e ritirarsi. Di conseguenza, coloro che avevano emigrato o avevano investito cominciarono a voler recuperare il denaro. La riscossione dei prestiti concessi arrivò in un momento di ripetuti e scarsi raccolti nella zona. A peggiorare le cose, i veterani romani istallati a Camulodunum (Colchester), avevano occupato e coltivavano in proprio terreni dei locali e i giovani britanni venivano obbligatoriamente coscritti nelle unità ausiliarie militari .
I rapporti tra occupanti e occupati stavano peggiorando e purtroppo la prevaricazione e la fame spesso sfociano nella ribellione. Le lamentele delle tribù crebbero fino a quando nel 60/61 con la morte di Prasutago, re degli Iceni, fino ad allora fedele alleato di Roma, la situazione precipitò.
Lo sprezzante trattamento riservato al testamento del sovrano e i brutali oltraggi commessi ai danni della vedova Baudicca e delle due figlie furono la scintilla che innescò la ribellione e tutti gli orrori che ne conseguirono . La furia degli Iceni si abbatté con ugual ferocia sia sui romani che sulle tribù nemiche.
Ma dopo questa per me necessaria inquadratura storica, torniamo al nostro romanzo : Nel nome di Roma.
60 d.C., Britannia.
Dopo anni di combattimenti fianco a fianco, il Prefetto Catone ha raggiunto il centurione Macrone in Britannia, la terra che hanno contribuito a conquistare, all’inizio della loro lunga e proficua collaborazione con l’esercito e l’impero.
Dalla loro prima volta sull’isola, le loro vite si sono trasformate in modo quasi inimmaginabile. Macrone infatti, dopo anni di guerre, contrasti e complotti, raggiunta una meritata pensione, si è sposato e trasferito con Petronella, sua moglie , a Camulodunum in Britannia dove la madre gestiva una fiorente locanda, e là ha accettato un ruolo amministrativo di alto livello tra gli altri veterani romani. E proprio a Camuludum, il Prefetto Catone vedovo e con il figlio decenne Lucio ha raggiunto il suo fedele compagno e centurione, per sfuggire a Nerone dopo essersi innamorato e aver salvato dall’esilio in Sardegna Claudia, la splendida ex amante dell’imperatore.
I due vecchi amici vorrebbero vivere una nuova vita, lontani dalle preoccupazioni ma ben presto si troveranno di nuovo in pericolo.
Nerone infatti, prima di prendere una definitiva decisione in merito alla Britannia, ha inviato sull’isola un avido e spietato procuratore, Cato Deciano, per spremerne ogni possibile ricchezza. Preoccupati che la mossa fosse destinata a intensificare le tensioni e a destabilizzare la provincia, Catone e Macrone vorrebbero aiutare Budicca, loro alleata e regina vedova degli Iceni, che immaginano destinata a diventare una vittima delle pelose attenzioni del Procuratore dell’imperatore.
Tuttavia, ben presto purtroppo il dovere li costringerà a separersi, perché Catone verrà arruolato dal governatore della Britannia, Gaio Svetonio Paolino che, nella sua campagna per piegare definitivamente la resistenza barbara nella parte occidentale e distruggere la roccaforte dei druidi sull’isola di Mona (Anglesey), ha messo insieme una vasta armata. E questa volta il Prefetto Catone, eroe di tante battaglie, dovrà fare a meno dell’aiuto del fidato Macrone, destinato su ordine superiore al comando delle riserve stanziate nella colonia di Camulodunum.
Rimasto solo con pochi uomini ai suoi ordini, Macrone potrà solo stare a guardare mentre l’indignazione e la mancanza di rispetto portano gli Iceni a uno scontro con i romani, un sanguinoso scontro che né lui e né le sue forze dovrebbero mai affrontare …
Ben presto infatti, il destino della Britannia sarà nelle mani di una donna, Budicca, una figura in grado di incendiare gli animi del suo popolo e condurli finalmente uniti alla guerra contro l’impero.
E la vendicativa determinazione e forza distruttrice di questo nuovo nemico metterà Catone e Macrone davanti a un pericolo che mai avrebbero potuto immaginare…
Simon Scarrow descrive molto bene ogni battaglia, spiegandoci come operava sul campo in offesa e difesa la poderosa macchina da guerra romana, evidenziando tutte le strategie e le tecniche marziali utilizzate e in questo suo eccellente capitolo della sua Saga, Le aquile dell’Impero, continua a dimostrare di essere uno dei migliori autori di narrativa storica al mondo. Un romanzo potente, costruito con minuziosa accuratezza, denso di azione, colmo di perfetti dettagli che stavolta però non si chiude….
Non offre infatti una qualche consolatoria o drammatica risoluzione ma, con una scioccante e disperata interruzione finale nella narrazione, lascia i lettori frementi ma a bocca asciutta, ponendo i suoi più celebri personaggi in stallo, in una zona oscura, piena sola di fumosa suspense.
Aspettiamo!
Nel nome di Roma – Simon Scarrow
Patrizia Debicke