Appena arrivato in Italia per la Giunti il fenomeno letterario inglese, James Oswald. Autopubblicato in rete, ha ottenuto un numero tale di download da attirare l’attenzione della Penguin, che ne ha acquistato i diritti ripubblicandolo e ottenendo uno straordinario successo non solo in Inghilterra, dove è già uscito il secondo volume della serie e è in arrivo il terzo. Un thriller molto duro, con una strizzatina d’occhio all’horror e una puntatina nel soprannaturale. E’ stato paragonato ai libri di Ian Rankin con John Rebus (ma qui ci si muove in una Edimburgo più ricca di quella di Rankin, e soprattutto sono molto più rare le frequentazioni di pub e quindi il tasso alcolico è meno elevato) ma forse è più chiaro il rimando a Stuart Mac Bride, e non solo per il nome dato a uno dei personaggi e per la citazione nei ringraziamenti finali, ma proprio per il tipo di storia, il modo di raccontarla e la costruzione dei personaggi. In una Edimburgo una volta tanto non piovosa ma soffocata da un caldo afoso, viene rinvenuto il cadavere di una ragazza trucidata molti anni prima nel corso di quello che sembra un macabro rituale. Intanto la città è sconvolta da una misteriosa e violenta serie di omicidi di uomini anziani e potenti e da inspiegabili suicidi di gente comune. A indagare è chiamato l’ispettore McLean, giovane e di fresca nomina, caparbio e ostinato, onesto e leale, ma chiuso e freddo e con un passato doloroso che si viene poco a poco a scoprire nel corso delle pagine. Una storia cupa e violenta che inizialmente aveva un capitolo d’apertura molto forte che noi invece troviamo alla fine. Saggia decisione il cambiamento del capitolo d’apertura, non tanto per la violenza delle immagini, cosa alla quale un lettore di thriller dovrebbe essere abituato, quanto perché il leggerlo prima avrebbe dato troppi indizi su quanto successo nella notte del primo omicidio. Meglio invece scoprirlo piano piano, leggendo.
Nel nome del male
Cristina Aicardi