Muro di silenzio – Arnaldur Indridason



Arnaldur Indridason
Muro di silenzio
Guanda
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Un muro lungo più di trent’anni è quello che Konráð cerca di scalare, con fatica e non senza rimpianti e sensi colpa, nel disperato tentativo di mettere insieme i pezzi della sua vita.

Nato con una menomazione che gli ha reso un braccio più corto dell’altro, dopo aver servito nella polizia per decenni, una volta in pensione Konráð cerca di ricostruire le dinamiche della morte del padre, ucciso nei pressi della Cooperativa di Macellazione del Suðurland, a Reykjavik. Ai tempi, i sospetti erano caduti sulla madre, che però aveva un alibi per quel giorno e quell’ora.

Poco per volta ricostruiamo la personalità del padre, chiamato da tutti con il diminutivo Seppi, abbreviazione del suo vero nome, Jósep. Violento con la moglie e con la figlia, truffatore, legato alla malavita locale, sempre alla ricerca di mezzi poco leciti e sotterfugi per sopravvivere, si è trovato incastrato in un gioco, forse troppo grande e pericoloso per lui.

La storia narrata da Arnaldur Indridason segue molteplici piste, senza che l’autore ci fornisca indicatori temporali che però non impieghiamo molto a ricostruire.

Così da un lato abbiamo la storia di Elίsa che non trova il coraggio di ribellarsi a un marito violento con lei e con la figlia; Benóný che vorrebbe aiutarla; Mikki e Tommy, che sono finiti in un gioco pericoloso; Luther, ambiguo personaggio; il dottor Heilman, le sue perversioni note e meno note, le relazioni con i figli e la moglie. Dall’altro lato troviamo Eygló, una strana sensitiva in grado di percepire energie positive o negative all’interno di ambienti e abitazioni; Pálmi, che oscilla tra amicizia e senso del dovere. Infine, Húgó, il figlio di Konráð che non riesce a perdonare al padre un segreto che non ha mai potuto rivelare né a lui né alla madre, ormai morta da tempo.

L’atmosfera gelida islandese non riesce a raffreddare la tempesta di emozioni che la lettura del romanzo suscita nel lettore. In una natura implacabile e spesso avvertita come avversa, si snodano storie di violenza, abusi, incesti, massoneria e si perpetrano delitti su cui, al lettore, sembra strano possa essere calato un silenzio di ghiaccio, durato molti anni.

La duplice formazione di Arnaldur Indridason, scrittore di romanzi e sceneggiature-nonché giornalista e critico cinematografico-è ben visibile nella struttura di questo noir, scandito da quadri e scene secche e d’effetto.

Il romanzo si chiude con una porta che … si apre, senza che noi possiamo intuire chi entrerà: forse uno spiraglio aperto a un sequel?

Michela Vittorio

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