Villa Olimpia d’Arsa è stata la casa di una vecchia misantropa morta in solitudine e senza testamento. Gli eredi, avidi rapaci, sono pronti a dare battaglia fino all’ultimo centesimo e si affidano al Notaio Flavio, incaricandolo di fare l’inventario di tutto ciò che la vecchia magione contiene. L’integerrima e maniacale attenzione alle procedure di Flavio lascia un’unica possibilità: rinchiudersi nella villa e procedere all’inventario senza interferenze esterne. Ed ecco quindi che il notaio e la sua assistente Letizia , accompagnata da Zora, un’anziana cagnolona, si presentano alla villa per quello che dovrebbe essere solo un noioso lavoro di routine. Ma da subito qualcosa stona, stride, insinuando sottopelle una strana sensazione.
Catalogando gli oggetti, aprendo armadi e boiserie, troveranno qualcosa che non ha alcuna ragione di essere lì, oggetti che la vecchia padrona non avrebbe avuto alcun interesse a possedere e soprattutto a nascondere. Ed ecco allora che la mente di Letizia, che è stata una nota scrittrice di gialli, inizia a lavorare, a creare collegamenti e immaginare storie. O meglio, lo fa il suo alter ego Medina, la parte abituata a immaginare, a immedesimarsi, a esaminare i comportamenti delle persone, soprattutto quelli più strani.
Tenendo nascoste le sue teorie a Flavio, Letizia inizia a cercare delle risposte, a formulare ipotesi.
L’ultimo ospite è un thriller ansiogeno, claustrofobico, costruito su oggetti e suggestioni, sul vuoto, sulle sensazioni, sul silenzio. Perché è proprio in quel silenzio che gli oggetti parlano e raccontano la loro storia. I personaggi sono ridotti al minimo, lasciando praticamente tutta l’azione a Flavio e Letizia, azione che si svolge in un un’unica ambientazione, la vecchia casa piena di anfratti che sono nascondigli perfetti.
La Barbato, come deve essere, toglie loro anche quasi ogni possibilità di comunicare con l’esterno, rendendo i cellulari inutilizzabili se non in un unico punto del parco. Mentre lo spazio si restringe, il tempo si dilata. È la casa a dettare il ritmo e regole del gioco. La sensazione di ansia, paura e tensione è tutta lì, fra le mura della villa, nascosta nelle boiserie, negli oggetti rinvenuti, in quelli fuori posto e in quelli che spariscono. Nel timore del cane di entrare in casa, nel rumore di passi che sembrano sentire, nella corrente che salta lasciandoli al buio, nel senso straniante di isolamento, a volte anche da se stessi. E poi, nella tensione che monta nel rapporto tra i due protagonisti, un rapporto quasi simbiotico e patologico in cui gli equilibri forse non sono quelli che sembrano. L’ultimo ospite è la dimostrazione che bastano pochi personaggi, nessun avvenimento rocambolesco, nessuna scena cruenta per costruire una trama originale e intrigante. Basta avere una buona, anzi un’ottima storia.
E, ovviamente, saperla raccontare bene.