Dopo l’intrigante noir “I Diabolici”, Adelphi ha pubblicato un altro interessante romanzo, inedito in Italia, della coppia dei giallisti francesi degli anni Cinquanta Boileau e Narcejac: “Le incantatrici”.
Si respira fin dalle prime pagine una realtà rarefatta, illusoria, quasi di sogno. Si parla infatti del mondo di prestigiatori e illusionisti, quella realtà rappresentata dal “professor Alberto”, il padre del protagonista, Pierre Doutre. Pierre studia in collegio, dove riceve le rare visite del padre: sua madre sembra essersi dimenticata di lui. Quando il professor Alberto improvvisamente muore, Pierre lascia il collegio e viene a contatto con tutto quello che il padre aveva lasciato: la madre Odette, donna “ingombrante” e possessiva, Ludwig, un giocoliere che gli imparerà i rudimenti del mestiere di illusionista, Vladimir, personaggio strampalato addetto alle attrezzature e, soprattutto, due gemelle bionde assolutamente identiche fra loro, da cui Pierre viene subito ammaliato. “Una fata che poteva sdoppiarsi a suo piacimento”: questa è la sua prima impressione, ed è anche quella del pubblico che li applaude agli spettacoli, convinto che la ragazza sia una sola, Annegret. In realtà, le due gemelle, Hilda e Greta, si alternano durante le scene e durante il giorno una di loro, a turno, si nasconde nel carrozzone delle attrezzature. Pierre esce alternativamente con ambedue, senza nemmeno riuscire a distinguerle e a comunicare con loro, che si esprimono laconicamente solo in tedesco. Nasce in lui una vera e propria ossessione sia per l’una sia per l’altra, perché sono talmente simili da non offrire nessuna possibilità di preferenza. Quello che affascina realmente nel romanzo, oltre all’angoscia “ossessiva” di Pierre, è la mancanza di personalità delle due ragazze, che sembrano due bambole glaciali, ammalianti solo per la loro bellezza: “Avevano occhi da bambola, scintillanti di vita ma privi di profondità, occhi fatti di una materia misteriosa, incantevoli come gioielli, non offuscati da nessun pensiero. Anche le loro voci sembravano del tutto inespressive”(pag.54). Pierre è stregato al punto di perdere il controllo di se stesso, provocando la gelosia della madre che vorrebbe averlo tutto per sé e lo avverte che gli si prospetta “un futuro da bigamo” (pag.92). La storia prende a poco a poco una piega funesta: Hilda muore, strangolata da una corda che usa di solito durante i suoi spettacoli. E’ suicidio o omicidio? La corda è stretta intorno al suo collo, ma non c’è alcun nodo scorsoio…Quando, in seguito, anche Greta muore, Pierre, disperato, perde ogni interesse. Diventa una specie di automa, un essere inanimato, e come tale si presenta al pubblico, ottenendo un grande successo. Pierre afferma che lo fa “per riunirsi a loro”, le due incantatrici che lo hanno distrutto. Infine, tutto precipita…Il romanzo, un vero e proprio noir psicologico, avvince per la tematica del doppio, che l’assassino vuole sopprimere perché lo considera un’ombra, un fantasma di una ragazza viva. E, cosa rara in questo genere letterario, alla fine si prova perfino compassione per l’omicida.