Disteso su un tender agganciato alla sua barca, nelle acque di Pescallo, appartato borgo sul lago di Como, viene ritrovato il cadavere di Filippo Corti, per gli amici il Filippino, rampante affarista la cui vita rispecchia il percorso della Milano da bere degli anni ’90: una rapida ascesa, da figlio della portinaia a socio in affari del ricco industriale Rocco Castiglioni, e un’inesorabile discesa, tra guai giudiziari e fallimenti esistenziali. Sospettati dell’omicidio sono le tre persone presenti sulla barca nel momento della morte di Corti, alle quali la sua vita è stata più legata: l’amico d’infanzia Andrea Castiglioni, figlio dell’industriale Rocco suo mentore, il compagno di gioventù, ora avvocato famoso, Marco Michelini, il grande amore (perduto) Priscilla Odescalchi.
Accanto al maresciallo Salvatore Cinà, vecchio e onesto carabiniere alle soglie della pensione, anche il giovane giornalista Steno Molteni indaga su questo omicidio, in apparenza di facile e immediata soluzione, ma che si rivelerà molto più complesso e tortuoso nello scioglimento finale.
Vanni affronta un tema classico del giallo: l’omicidio nella stanza chiusa: sulla barca si trovavano solo la vittima e i tre possibili assassini, tutt’intorno le acque del lago a delimitare la scena del crimine. Questo romanzo ci riporta alle atmosfere degli anni rampanti milanesi, mostrandoci con nitidezza come un ragazzo di umilissime origini, figlio di una portinaia e di un carcerato che ha abbandonato la famiglia, con la tenacia della volontà e la spregiudicatezza di un’ambizione senza limiti possa entrare, in una vertiginosa escalation, nel mondo dorato della finanza e del lusso.
Colpiscono il lettore le scorribande giovanili di Filippo e dei suoi tre amici, che rappresentano il simbolo di un ricchezza cinicamente sfrontata ed esibita, non dissimile da quella di socialite e influencer che oggi contano così tanti follower sul web. Risaltano ancor più, in questo effimero luccichio, la sobrietà e l’onestà del maresciallo Cinà e dei ragazzi della sua piccola squadra, uomini che ancora conoscono il senso della responsabilità e i valori più nobili dell’agire umano.
La regola del lupo mette in scena un dramma quasi da palcoscenico, in cui ogni personaggio è simbolo dei variegati aspetti dell’animo umano, collocando agli opposti la vittima, Filippo Corti, un cuore di tenebra luciferinamente grandioso nell’oscurità del suo animo e l’investigatore, Salvatore Cinà, che conosce la regola del lupo, ma soprattutto la regola della giustizia.
Un giallo psicologico, ma anche in grado di tratteggiare un ambiente sociale di cui spesso si favoleggia sui giornali o si rappresenta sullo schermo, in grado di generare invidie e illusioni, ma sconosciuto nella sua realtà più intima e profonda. Un giallo che ci costringe a riflettere sull’immagine del “vincente” oggi così tanto diffusa e ambita, che in questo caso si rivela in tutta la sua tragica ambivalenza; tra l’uomo e il lupo, chi è il vero predatore?
La regola del lupo
Donatella Brusati