Seba Pezzani amico e traduttore di Joe R, Lansdale ha scritto per Perrone In fondo è una Palude, una conversazione con Joe R.Lansdale in cui il famoso scrittore parla di sè, della sua vita e del suo paese.
MilanoNera ha avuto la graditissima opportunità di porre qualche domanda a entrambi.
Sig. Lansdale, (o posso dire solo Joe?) non è la tua prima volta in Italia. Cosa pensi del nostro paese? Mozzarella di bufala a parte.
Amo l’Italia e la considero la mia seconda casa.
Entriamo un po’ nel vivo della biografia scritta da Seba Pezzani. Parli apertamente del rapporto con i tuoi figli , soprattutto con Kasey, e del forte legame che ti lega a tua moglie Karen, con una naturalezza incredibile. Come ti sei sentito a raccontare fatti anche molto personali della tua vita e della tua famiglia, sapendo che poi, lo avrebbero letto in molti?
Non è stato un problema, non c’è nulla di cui vergognarsi nelle cose che ho raccontato. Io sono un libro aperto, con qualche eccezione, ma non molte…
Hai parlato, in più punti, delle differenze tra scrivere per il cinema, per la tv, o meglio, le serie tv e scrivere romanzi. Ti sono capitate entrambe le situazioni, e tu preferisci scrivere libri.
Scrivere libri richiede più abilità e regala maggiore soddisfazione. Non hai gente che ti dice come dovresti fare il tuo lavoro o che cerca di accontentare gli attori, i produttori, i registi, gli sponsor, i canali tv, fasce orarie, mode o qualsiasi altra cosa. Non ho nulla contro di loro, ma scrivere libri e racconti, che sono i miei preferiti, è molto più soddisfacente.
Mentre scrivi, pensi mai a noi lettori, che un domani leggeremo i tuoi romanzi? Questo condiziona il tuo modo di scrivere, il tuo modo di costruire la storia?
Sono contento se i lettori amano il mio lavoro,ma quando scrivo non ci penso. Se lo facessi, sarei angosciato. Devo fare quello che mi piace e scrivere come se tutti quelli che conosco fossero morti. Se non scrivo con l’intento di compiacere un ipotetico pubblico, ma faccio quello che mi piace e mi diverte , allora è molto più probabile che si divertano anche i lettori.
Parli anche di agenti letterali e editori, come artefici del successo di un romanzo. Ne citi uno in particolar modo, che anche io ho letto e, al tuo contrario, ho finito. Ho avuto la tua stessa impressione. Per tutto il romanzo mi sono chiesta cosa c’era di così particolare da celebrarlo come un gran best seller, ancor prima dell’uscita. L’ho trovato disonesto, perché ti crea delle aspettative e poi alla fine vengono disattese. Da lettrice accanita, mi sono sentita un po’ svilita. Come dire, se questo per voi (editori, agenti…) è un best seller, non ne avete mai letto uno vero, allora. E’ capitato anche a te?
Non so come risponderti. Alcuni libri mi sono piaciuti, altri no. Il best seller non è altro che un il libro che vende di più in un periodo abbastanza breve, non sempre viene considerato da quanto è in giro o quando vende nel lungo periodo. Alcuni best seller spariscono poi in un battito di ciglia, altri invece rimangono. Dipende. Agenti e editori sono fondamentali perché si occupano dei tuoi libri, ma io non scrivo per loro. Io scrivo per me stesso. Ma se a loro piace il tuo lavoro e si impegnano a occuparsene, ovviamente sono molto importanti.
E con i traduttori come ti rapporti? Tradurre il tuo modo di scrivere, la “parlata texana” che utilizzi nei tuoi dialoghi non deve essere un compito semplice. Hai mai dovuto sostituire un traduttore perché magari non era in grado di “trasferire” in un’altra lingua il tuo romanzo?
Il problema è che non parlando italiano, io non posso sapere se un traduttore ha fatto un buon lavoro o no. Sono alla loro mercé. Devo dire però che la maggioranza dei miei traduttori ha ricevuto ottimi commenti per il proprio lavoro dai lettori che parlano sia italiano che inglese. Ma ci sono eccezioni…
Come hai conosciuto Seba Pezzani?
Ci siamo conosciuti quando mi ha accompagnato come interprete in occasione di un tour di presentazioni.
Con noi c’erano anche Ann Perry, mia moglie Karen e mia mia figlia Kasey. Ci siamo subito trovati in sintonia, ci siamo divertiti molto, siamo rimasti in contatto e da lì è nata l’amicizia.
Da quanto lavorate insieme?
Dal 2002- 2003
Nei tuoi libri, affronti dei temi molto spinosi, di denuncia sociale. Ad esempio il razzismo, l’intolleranza verso chi è diverso. Purtroppo è una situazione in cui ci imbattiamo tutti i giorni, ad esempio i media, enfatizzano fin troppo quando un qualsiasi reato è compiuto da una persona con la pelle di un colore diverso dal bianco. Perché siamo arrivati a questo punto, a riaprire una questione che sembrava superata?
Bisogna però far attenzione anche all’atteggiamento contrario, cioè ad avvantaggiare le persone di colore, in nome di un integralismo che in realtà alimenta solo il disprezzo che gli altri provano nei loro confronti. Come l’esempio che citi nella tua biografia, il premio per il miglior racconto, vinto da un’autrice di colore, in virtù proprio del colore della sua pelle. Come si può trovare il giusto compromesso?
La discriminazione esiste in tutti i versanti. Più disperate sono le condizioni delle persone, più è facile che si finisca per cadere nel crimine. Ovviamente la disperazione non è mai una scusante. Ma il punto è che se per esempio un messicano si macchia di un crimine, alcuni si sentono in diritto di accusare tutta la popolazione, mentre se a farlo è un “ bianco” ecco allora che si dice che è “ un caso isolato”, non l’intera razza. Io capisco la necessità di proteggere i confini, ma la nostra attuale amministrazione sta usando la paura per tenersi il potere, paventando minacce che non esistono. Per quanto riguarda l’immigrazione, dovrà necessariamente succedere: il mondo si sta rimpicciolendo. E per di più gli Usa altro non sono che un paese di immigrati e di loro discendenti. Il mio Dna è così mischiato che sono come un cane bastardo: un pizzico di questo, un pizzico di quello e in definitiva io non mi identifico in nessuna razza. Come potrei?
Bisogna trattare le persone equamente, dar loro una possibilità, e capire che isolarle in gruppi non è una sana politica di immigrazione. E costruire un muro è solo un’idea assurda. Con i 5 miliardi chiesti da Trump potremmo nutrire, educare e dare assistenza sanitaria a un sacco di gente.
Ho scoperto Joe R.Lansdale, lo scrittore, da poco più di un anno, grazie al consiglio di un amico. Così ho letto in pochissime settimane tutti i libri di Hap e Leonard. Ho una curiosità da chiederti. Ma come fai a costruire dialoghi del genere? Sembra di vederli, questi due, amici nonostante le differenze fisiche ed ideologiche, che si stuzzicano e si rispondono in dialoghi serratissimi, a tratti volgari, ma soprattutto sinceri.
Grazie mille, faccio del mio meglio. Ascolto le persone. Non è qualcosa che faccio consciamente, ma ho una specie di registratore interno che acchiappa i discorsi che sento. Scrivo come la gente parla o piuttosto riesco a dare l’impressione che la gente parli così. In effetti lo fanno, ma magari lo scambio non è sempre così divertente. Lo scrittore però è lì proprio per creare un nuovo universo,una nuova realtà. Nel mio caso, o almeno in quei libri, c’è un realismo estremo. Hap e Leonard sono due persone normali ma , allo stesso tempo, sono fuori dal comune.
Sempre sulla serie di Hap e Leonard, non ti ricordi il cognome della tua ex moglie, però ti ha ispirato il personaggio della prima moglie di Hap. Come è nata questa associazione?
No, non il nome. Alcune cose della nostra vita in comune hanno influenzato la scrittura di Stagione Selvaggia, ma solo alcune.
La mia prima moglie non assomigliava affatto a Trudy. Era una brava persona, solo che non eravamo fatti per stare insieme e sono contento che non l’abbiamo fatto. Mi sono risposato con una donna meravigliosa e abbiamo avuto una vita magnifica. Scrivevo molto ambientando i libri negli anni in cui io e la mia prima moglie ci eravamo sposati e quindi ho preso un fatto della mia vita e l’ho inserito, ma questo non vuol dire che quello rappresenti o si riferisca in alcun modo alla nostra relazione.
Hap Collins sei tu, Leonard Pine, il tuo opposto. Come nascono i personaggi che popolano i tuoi libri? Magari vedi, o conosci una persona bizzarra e decidi di inserirla in un tuo romanzo?
Sì,Hap è molto modellato su di me , ma non del tutto. Non sempre condividiamo le stesse opinioni. Leonard è più composito, è il risultato di due o tre “ispirazioni”. Sono andato a trovarne una proprio l’altro giorno.
Ma la fiction è fiction anche se, ai suoi livelli migliori, rappresenta le cose che riteniamo più importanti molto meglio di quanto faccia la non-fiction, sebbene io ami e abbia scritto anche non-fiction.
La tua famiglia, la tua casa, le tue idee, il tuo modo di pensare, la tua visione politica, la presa di posizione sul Vietnam, la religione e tanta tanta musica. In questa biografia hai raccontato tutto te stesso e io ti ringrazio per la possibilità che ci hai offerto di conoscere Joe, l’uomo che vive dentro R.Lansdale, lo scrittore.
Grazie a voi.
E ora qualche domanda anche per Seba Pezzani.
Dal tuo romanzo traspare l’enorme ammirazione che hai per Lansdale e la sua famiglia. Hai vissuto con loro, scoperto la loro casa, hai girato in macchina con Joe alla scoperta dei luoghi in cui vive e dove prendono corpo i suoi romanzi. Con Lansdale hai un vero e proprio rapporto di amicizia. Come ti sei sentito a trasferire su carta la vita di Joe?
È stato facile, proprio perché Joe (e la sua famiglia) e io ci conosciamo da 15 anni e praticamente siamo amici dal primo momento in cui ci siamo incontrati. È pure vero che Joe ha grande facilità a stringere amicizia con il prossimo, ma posso orgogliosamente dire che tra la famiglia Lansdale e il sottoscritto c’è un rapporto di autentica amicizia, consolidato negli anni. Peraltro, anche nei momenti difficili della mia vita lui e la sua famiglia mi sono stati vicini. Insomma, di quello si tratta: di un amico. Però, siccome Joe l’ho conosciuto come autore, credo di essere ugualmente riuscito a mantenere un equilibrio sano nel mio libro, a far emergere l’uomo (con pregi e difetti) e il grande autore. Ugualmente, va detto che fin dalle prime righe del libro annuncio ai lettori che non sarò un giudice super partes. Insomma, baro ma dico che sto barando.
Da tutto questo, è nata una biografia, anzi una lunghissima e bellissima chiacchierata con Joe. Hai inserito tantissimi “pezzi virgolettati” trasferendoci per intero le parole e i pensieri di Joe. Era questo il risultato a cui aspiravi?
Hai colto nel segno. Non volevo scrivere una biografia e nemmeno un saggio accademico. Malgrado tutto, non volevo nemmeno realizzare un libro-tributo, una specie di agiografia laica. L’idea dei virgolettati mi è venuta nel volo verso il Texas, rendendomi conto che la cosa migliore sarebbe stata far parlare lo stesso Joe. È come – e mi ritrovo a dirlo spesso ma è esattamente ciò che penso – se io mi sia limitato a collegare i puntini, come nei giochi enigmistici più elementari.
Ora una domanda molto tecnica, riferita al tuo lavoro di traduttore, che non significa semplicemente prendere una frase in inglese e trascriverla in italiano. Quanto devi entrare in sintonia con l’autore? Quanto lo devi “sentire” il romanzo che devi tradurre, per riuscire a tradurre le parole senza intaccare l’atmosfera e le emozioni che la lingua originaria vuole trasmettere?
Ho un’idea poco poetica del lavoro del traduttore e spero che i miei colleghi non se ne abbiano a male. Ma davvero tradurre è un lavoro poco creativo. Anzi, mi sento di dire che non lo debba essere per nulla. Il traduttore dovrebbe essere un uomo-ombra, sparire tra le righe del libro, lasciare il palco all’autore. Solo così gli si può rendere giustizia. Ovviamente, questo non significa tradurre malamente, ma so di traduttori che trasformano lo stile originale e so, addirittura, di editori che chiedono di abbellire lo stile. Io non sono di quella parrocchia. Conoscere l’autore è sempre un vantaggio, anche perché gli si possono chiedere suggerimenti o chiarimenti, ma non succede spesso di poter interloquire con l’autore. A me capita un po’ più di sovente perché molti autori che ho tradotto li avevo conosciuti in precedenza, facendo loro da interprete. Joe è un caso a parte perché scrive come parla e, dunque, sono alquanto favorito perché so benissimo come parla. Alla fine, comunque si giri la frittata, la traduzione è una minimizzazione del danno. Diffidate di chi vi dica il contrario.
Ho parlato molto dei dialoghi. Come riesci a rendere così bene la sua “ parlata texana?”
Ripeto ciò che ho detto prima: so come parlano Joe, i suoi familiari e diversi suoi amici. La sua parlata per me non ha molti segreti e so che certe espressioni iperboliche sono le stesse che rientrano nel suo frasario quotidiano.
Come te, anche io ho scoperto Lansdale grazie a un amico. Lo conosco da pochissimo e ho letto, per ora, tutti i romanzi di Hap e Leonard. Mi consigli un libro di Joe che mi faccia apprezzare ulteriormente questo autore? (io mi fido molto dei consigli di lettura, solitamente chi ti consiglia un libro è perché ha trovato al suo interno qualcosa che vuol trasmettere agli altri).
La cosa buffa è che i libri della serie di Hap & Leonard sono quelli che mi piacciono meno nella produzione di Joe. Forse, l’unico vero capitolo che fa eccezione è Mucho Mojo. Hap & Leonard sono due personaggi straordinari e capisco perché la gente, soprattutto da noi, se ne sia innamorata. Joe stesso li considera i suoi due personaggi meglio riusciti, però i libri della saga sono più raccolte di scenette e avventure che vere e proprie storie, con un paio di eccezioni tra cui, appunto, Mucho Mojo. Io consiglierei spassionatamente In fondo alla palude (il suo libro più osannato in America) e La sottile linea scura, due romanzi di atmosfera simile e ugualmente legati alle tematiche preferite dell’autore, il passaggio dall’infanzia all’età adulta, la violenza cieca, il razzismo e il mistero (e la bellezza) del Texas Orientale. L’anno dell’uragano è un altro splendido romanzo storico. Freddo a luglio per chi ami il poliziesco pulp. Echi perduti per chi adora certe storie a la Stephen King. Paradise Sky per il Lansdale appassionato di western strampalati.
La foto in bianco e nero di Seba Pezzani è di @Monica Conserotti
Per le altre foto ringraziamo Seba Pezzani