Intervista a Romano De Marco- finalista al Premio Scerbanenco e vincitore del Premio dei lettori

Romano De Marco e gli altri finalisti saranno presentati  il 4 dicembre alle ore 18.30 presso la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano.

Il Premio Giorgio Scerbanenco 2017, consistente in un ritratto di Giorgio Scerbanenco ad opera dell’artista Andrea Ventura, verrà consegnato la sera del 4 dicembre all’Anteo Palazzo del Cinema alle ore 21.

IMG_1796_1Giorgio Scerbanenco ha lasciato un’eredità letteraria non indifferente, qual è il suo romanzo che preferisci e perché?
Di Scerbanenco ho sempre amato la struggente malinconia di Duca Lamberti in VENERE PRIVATA (ma anche negli altri romanzi a lui dedicati) e i racconti di MILANO CALIBRO 9 che costituiscono un imprescindibile punto fermo per qualsiasi scrittore voglia fare noir ambientato nel nostro paese.

Secondo te, tra i romanzieri italiani, quale più degli altri ha raccolto l’eredità di Scerbanenco?
Nessuno.  Scerbanenco ha inventato (o rielaborato in maniera molto intelligente) un certo modo di fare narrativa letteraria, attraverso il racconto di una realtà sociale nel contesto di una storia criminale. Ha saputo dare voce ai  traumi esistenziali di personaggi straordinariamente tridimensionali, come pochi altri hanno fatto. Dal suo esempio hanno tratto insegnamento tantissimi autori (compreso, indegnamente, il sottoscritto). Ciò nonostante, non mi sento di accomunare nessuno dei noiristi italiani a Giorgio Scerbanenco. Lui mantiene una sua specificità molto particolare, che lo ha reso il punto di riferimento che oggi è, giustamente,  considerato.  Piuttosto, se dovessi paragonarlo per il complesso della sua esuberante attività di narratore (che va dal noir al giallo, al western, alla fantascienza, al romanzo rosa) lo paragonerei ad autori come Donald Westlake o come il nostro sottovalutato e bravissimo Stefanio Di Marino.

Cinema: il logo del Courmayeur Noir in Festival
Noir in Festival

Per la terza volta un tuo romanzo è il più votato dal pubblico tra i cinque finalisti, vuoi dire qualcosa a tutti quei lettori che ti hanno sostenuto?
Posso dire solo grazie. Grazie di cuore per aver dedicato del tempo a me e ai miei romanzi. Penso che non vincerò mai il premio Scerbanenco, quello vero (e non lo dico per scaramanzia). Nel 2014, quando fu proclamata la cinquina, risultai il più votato dal pubblico (con ben 360 voti) ma anche dalla giuria (con 4 preferenze). Poi, in finale, non confermai questo primato e il premio andò a un altro autore. Più che lecito che i giurati abbiano deciso diversamente, ma la mia occasione fu quella, non ne capiterà un’altra. Quel romanzo (IO LA TROVERO’ – Feltrinelli) l’avevo scritto davvero con la foto di Giorgio Scerbanenco sul comodino. Era un omaggio a lui e  alle sue atmosfere (rivisitate nel mio tempo e secondo il mio punto di vista). Peccato, mi accontento del riconoscimento che va al più votato dai lettori, un traguardo comunque importante. Come le tre presenze nella cinquina finale.

Riproponiamo anche l’intervista realizzata per l’uscita de L’uomo di casa, il romanzo in concorso al Premio Scercanenco e vincitore del premio dei lettori essendo stato il più votato online.

51xsxaQR0yL._SX322_BO1204203200_Ti ringraziamo per la tua disponibilità e partiamo subito a bomba. Perché hai scelto di ambientare questa storia in America?
Ho voluto creare una forte discontinuità con le mie cose precedenti, cambiare genere, personaggi, ambientazione. Dovendomi cimentare con il thriller, ho ritenuto fosse normale ispirarmi alla scuola nord americana che è quella più impressa nel mio immaginario e nel mio background di lettore. Ho una sorella che vive proprio nei luoghi nei quali ho ambientato il romanzo e vado a trovarla tutti gli anni. Conosco molto bene quei posti e ciò mi ha facilitato permettendomi di parlare con cognizione di causa di una parte di America che mi affascina e mi ispira.

La protagonista Sandra Morrison deve fare i conti con tutte le menzogne che assediano la sua vita. Cosa è per te una bugia? Un romanzo non è forse una bugia raccontata al lettore?
Un romanzo è una bugia che nasconde molte verità. Sull’autore, sul suo modo di intendere la vita, i sentimenti, i rapporti con gli altri. Per me è impossibile scrivere qualcosa, che sia un romanzo o un racconto su un qualsiasi argomento, che non abbia all’interno un po’ del vero me stesso.

Realtà vs Finzione. Nella cronaca i morti sono reali mentre nella finzione sono “solo” a parole, ne L’uomo di casa fai riferimento alla Lilith di Richmond, la storia di una donna che rapisce e uccide dei neonati. Per descrivere questo caso ti sei ispirato a qualche notizia degna di Crime tv?
Non mi ispiro quasi mai a casi reali e non l’ho fatto nemmeno per l’odioso crimine dalla Lilith di Richmond. Nell’autunno del 2015, però, quando la prima bozza del romanzo era già stata ultimata, fu scoperto un crimine molto simile, perpetrato nella cittadina di Wallenfels, a nord della Baviera. La notizia mi sconvolse al punto da farmi riflettere se fosse il caso o meno di modificare integralmente il romanzo. Alla fine decisi di lasciarlo così. A poco più di un anno di distanza, sono in pochi a ricordarsi di quel caso assurdo e orribile. C’è stata una sorta di rimozione collettiva, ed è più o meno la stessa cosa che accade nel mio romanzo… Un parallelismo marcato, quindi, ma del tutto casuale.

Sandra e Devon sono al centro della trama. Perché hai scelto due donne come protagoniste e quali difficoltà hai incontrato nell’immedesimarti in loro e nella difficile situazione che stravolge il loro presente?
Da sempre ritengo i personaggi femminili più interessanti di quelli maschili. Le protagoniste femminili sono più forti, piene di sfaccettature e profondità da esplorare e sono in grado di valorizzare meglio le storie. Anche nel mio penultimo romanzo, CITTA’ DI POLVERE, le donne erano protagoniste come e più degli uomini, a partire da uno dei miei personaggi ricorrenti, il commissario Laura Damiani. Stavolta, però, la sfida era quella di raccontare delle donne “normali” alle prese con eventi straordinari. Per farlo ho chiesto aiuto alle mie consulenti abituali, lettrici forti e amiche, che hanno letto il romanzo in anteprima dandomi qualche punto di vista interessante che mi ha permesso di migliorare alcuni tratti psicologici dei caratteri di Sandra e Devon, ma non solo. Inoltre, per la prima volta, ho sottoposto le bozze del romanzo a un gruppo di lettura tutto al femminile (Falling Book, presieduto da Samanta Picciaiola) che ha espresso un parere molto schietto e oltremodo utile, che mi ha aiutato notevolmente nella fase di editing narrativo che ha portato alla stesura finale.

Nella condizione umana c’è una verità: che tutti gli uomini mentono. La sola variabile è su cosa mentono.” So che scrivi anche recensioni delle serie tv per Il libro guerriero, il meraviglioso blog gestito da Marilù Oliva, quindi per omaggiarti pesco dal Dr. House una bella citazione. Quanto sei d’accordo con questa affermazione?
Abbastanza. La menzogna è parte integrante della nostra vita, a volte si rende necessaria, inevitabile, fa parte delle tante convenzioni che orientano le nostre esistenze in una direzione prestabilita. Hai citato le recensioni, che rappresentano un esempio eclatante di questa “prassi della menzogna”. Oramai soprattutto sul web, la recensione positiva è diventata un atteggiamento standard, dovuto, sottinteso. Le recensioni critiche sono una rarità, vengono spesso etichettate come “stroncature” e stigmatizzate nella consueta gogna mediatica dei social, al punto che nessuno se la sente più di farle. Personalmente non risparmio critiche, anche aspre, quando recensisco serie TV e film d’oltreoceano, ma provo molte remore quando devo criticare prodotti italiani. La prima cosa che mi viene in mente è “chi me lo fa fare?” Per questo, quando leggo commenti lusinghieri sulle mie cose, li prendo con un certo distacco perché so che, probabilmente, il recensore li ha fatti per quieto vivere. Anzi, è già una gran cosa quando prima della recensione il romanzo viene realmente letto…

Ti ho già chiesto – almeno un paio di volte – se hai dei consigli per gli aspiranti scrittori, questa volta salto la domanda, però ti chiedo di dirci qualcosa a proposito del tuo processo creativo: da dove nascono le tue trame e come riesci a gestirle?
Il cosiddetto “pensiero magico” ha una grande importanza nella mia vita. Fantasticare su trame, storie, personaggi, per esorcizzare paure, incomprensioni, insoddisfazioni della vita reale, è un’abitudine che mi accompagna dall’età pre adolescenziale. Attingo, oltre che alla pura fantasia, all’enorme bagaglio di suggestioni delle mie letture di libri e fumetti, delle innumerevoli visioni di film e puntate di serie tv, finanche dagli spunti che mi arrivano dalle notizie di cronaca nera. La gestione di tutto questo materiale è complessa. Spesso, quando scrivo un romanzo, voglio metterci dentro più cose possibili e, ultimamente, faccio fatica a farcele stare. Mi aiuta molto lo scrivere i tanti racconti che mi vengono richiesti per le antologie, ma ho sempre materiale pronto per poter iniziare tre o quattro romanzi nuovi. Quello che mi manca è solo il tempo di scriverli.

La classica che chiude ogni intervista. Progetti futuri?
Ci vediamo a marzo in libreria con un nuovo thriller edito sempre da Piemme.

Mirko Giacchetti

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