Pierluigi Porazzi è attualmente in libreria con La ragazza che chiedeva vendetta, La Corte Editore
Ciao Pier,
partiamo dall’inizio, dalla dedica a Altieri. Cosa ricordi di lui?
Ho tantissimi splendidi ricordi di Sergio. Come ho scritto nella dedica, ha lasciato un grande vuoto, nella vita di tutti coloro che lo stimavano e nella letteratura. È stato il primo a intuire la validità e ad apprezzare L’ombra del falco, e gli devo molto. Era un gigante, sia dal punto di vista umano che letterario, una persona vera in un mondo dove imperano falsità e arroganza. Il mio ultimo ricordo è una cena insieme, a Milano.
Il tuo è un libro pieno di libri. Titoli, presentazioni, scaffali di gialli e esortazioni alla lettura. una sorta di messaggio subliminale?
Lo spero! Come sappiamo, si legge poco, soprattutto in Italia. Credo che la mancanza di lettura e il decadimento culturale degli ultimi trenta/quarant’anni siano alcune delle cause della tragica situazione in cui ci troviamo a vivere. Forse il mondo sarebbe migliore, se si leggesse di più.
Tra gli altri, citi, 22/11/63 di King, La macchina del tempo di Wells, e La strategia di Bosch, perché proprio questi?
Perché Harry Bosch è il mio personaggio seriale preferito, 22/11/63 di King è un capolavoro assoluto, che ho amato tantissimo, e La macchina del tempo di Wells prefigura una società simile a quella attuale, divisa in due sole classi sociali: gli Eloi e i Morlock (i ricchi e i disperati).
Anche il messaggio mafioso al giudice viene recapitato sotto forma di libro: il Don Chisciotte.
Pensi che la lotta contro la mafia sia una sorta di lotta contro i mulini a vento?
Credo che la lotta contro qualsiasi male sia una sorta di lotta contro i mulini a vento, non solo contro la mafia. Si spera comunque sempre che il bene vinca contro il male anche nella vita, non solo nei romanzi. La grande criminalità si nutre della piccola criminalità, dell’assenza di rispetto delle regole nella vita di tutti i giorni. L’avidità è uno dei peggiori cancri della storia. Chi mente o imbroglia un congiunto per un’eredità, per esempio, è spregevole e colpevole quanto un mafioso o un trafficante di droga.
Alex nero odia gli ebook, anche tu?
Non li odio, ma non li amo neanche. Adoro i libri su carta, non potrei mai farne a meno. Leggere un ebook non è la stessa cosa, sembra di leggere un racconto che ti ha inviato un amico per un parere, non un vero libro. L’oggetto fisico libro credo e spero che possa esistere sempre.
I tuoi personaggi sembrano non riuscire più a vivere una vita normale a causa del loro passato.
Solitudine e dolore sono le loro caratteristiche principali. L’essere irrisolti , spezzati, è uno dei dettami del genere che va comunque sempre rispettato?
Non credo che sia inevitabile, che esista una regola non scritta per cui i personaggi debbano essere sempre tormentati. Nel mio caso, per esempio, il passato tragico di Alex Nero era strettamente funzionale alla trama de “L’ombra del falco”. Certo, quando si raccontano storie noir, è più facile che anche gli attori abbiano un passato oscuro o si imbattano in vicende criminose.
Quando l’azione si sposta a Milano, dai una descrizione dura della città, dici che ha un’anima nera.
Puoi spiegarti meglio?
La Milano di oggi è molto diversa dalla città degli anni Sessanta e Settanta, quella che raccontava mirabilmente Scerbanenco. Era una città di grande fermento, un punto di riferimento per l’arte e la cultura. Quegli anni sono purtroppo passati, e ora, non solo a Milano, ma ovunque, tutto è cambiato, purtroppo in peggio, soprattutto dal punto di vista culturale, ma anche nella vita di tutti i giorni. Il decadimento culturale è sotto gli occhi di tutti.
Credi sia peculiarità delle grandi città moderne o anche la provincia ne è vittima?
Negli ultimi anni, come sappiamo, con la globalizzazione, le differenze tra grandi città e provincia si sono sempre più assottigliate. Le problematiche e i mali delle grandi città sono ormai identici a quelli della provincia.
Nello svolgersi della trama, traspare uno sguardo desolato sulla situazione dell’Italia, mi sbaglio?
Direi uno sguardo realistico. La situazione economica è sempre più disastrosa. Stiamo assistendo alla progressiva erosione di tutti i diritti dei lavoratori, incluso quello a una retribuzione perlomeno dignitosa, le grandi potenze economiche hanno rimpiazzato la politica e governano le nazioni, la gente si impoverisce sempre di più, e la cosiddetta classe media sta scomparendo, così come l’ascensore sociale. In questo contesto drammatico non si salva nemmeno la cultura: si legge sempre troppo poco, e interessi e soldi condizionano anche il mondo dell’arte.
Cosa pensi della vendetta?
Il desiderio di vendetta è un sentimento che chiunque ha provato, almeno una volta nella vita, di fronte a un torto o a un’ingiustizia subita. Ma provare un desiderio di vendetta e attuarla sono due cose completamente diverse. Credo che la vendetta abbia un sapore amaro, e che alla fine danneggi anche la persona che la compie. È più saggio aspettare, come dicono i cinesi, sulla riva del fiume e prima o poi il cadavere di qualcuno che ci ha fatto del male potrebbe passare.
“Con questo viaggio si completa un viaggio iniziato con L’ombra del falco.
In cosa è cambiata la tua scrittura da allora?
È maturata e cresciuta, grazie anche all’importante esperienza lavorativa accanto ai bravissimi editor di Marsilio, Pendragon e La Corte Editore. Collaborare con tanti prestigiosi e grandi professionisti, da ultimi, per La Corte Editore, Giovanna Burzio e Gianni La Corte, è sempre arricchente per uno scrittore.
Grazie mille dell’intervista e un caro saluto a tutti i lettori di MilanoNera, e spero di vedervi per la presentazione a Milano de “La ragazza che chiedeva vendetta”.
MilanoNera ringrazia Pierluigi Porazzi per la disponiblità
Qui la nostra recensione a La ragazza che chiedeva vendetta