Un mondo senza tempo
È questa la disorientante conclusione cui sembra pervenire l’attuale sapere scientifico, scosso irreparabilmente dalle acquisizione teoriche del XXI secolo che, se hanno demolito meccanica classica e gravità newtoniana, sono a tutt’oggi impotenti nell’offrire una visione tra loro non contraddittoria del mondo.
Giorgio Nisini si inserisce con cognizione e passione in questa frattura interpretativa, mettendo in scena nel suo ultimo romanzo, Il tempo umano (HarperCollins, 2020, pagg.432), due protagonisti di raro spessore che, seppur separati da distanze anagrafiche e culturali, appaiono in egual misura ossessionati dal tempo: Alfredo Del Nord, imprenditore di successo e creatore di orologi di lusso che della misura del tempo ha fatto la sua missione, e Tommaso Serradimigni, docente universitario di Letteratura, più giovane di una ventina d’anni, la cui aspirazione d’amore pare in bilico tra un passato che è quasi una cattedrale proustiana della memoria e un futuro di intensità irraggiungibile.
Finiscono per incontrarsi, Alfredo e Tommaso, sul finire del secolo scorso, in un confronto che al momento non pare incisivo, un casuale e convenzionale saluto a casa Del Nord, dove Tommaso è stato ammesso in qualità di fidanzato della figlia maggiore, Beatrice. Un incontro destinato invece a deflagrare in un “flash-out”, perché Tommaso, conosciuta di lì a poco Maria, l’altra figlia, finirà per innamorarsene con quella totalitaria e arresa passione da lui sempre inseguita e prima mai raggiunta.
Gli esiti saranno esplosivi, già lo si è detto, e la vicenda che, copre un arco temporale di vent’anni, descriverà una curva inattesa, tingendosi di un nero psicotico e svelando senza deludere misteri psicologici e oggettivi.
Di enigmi il romanzo è infatti sapientemente costellato, a partire dalla frase incisa sulla scocca del primo orologio che Alfredo Del Nord riceve in regalo dal padre, Dea nigra tempus solum, di palese e seduttiva incompletezza, acquistato sul banco di un venditore ambulante, in un’Italia degli anni Cinquanta di attitudine ancora agricola. È per lui lo svelamento di una vocazione, “una sorta di orizzonte degli eventi che lo inchioda per sempre al destino che lo stava aspettando”, verso un mestiere che è “un vero reticolo di saperi”, un compendio di tecnologia, arte, estetica, filosofia, organizzazione sociale.
Da quel momento Alfredo, dedito a una passione dalle sfumature autistiche, riserva ogni energia alla creazione della sua azienda, immancabilmente intitolata alla Dea Nigra, produttrice di orologi di lusso, presto conosciuti come le “Ferrari del tempo”. Non coltiverà alcun interesse al di fuori della misura del tempo, forzando perfino i momenti di svago al cronometraggio di attività sportive e concependo la sua stessa villa come il sogno realizzato di uno spazio che scandisce il tempo, uno spazio appunto da lui progettato per “funzionare come un orologio”.
In quello spazio, la corte dei Del Nord, Tommaso penetra, varcando la “porta magica” dei cancelli esterni con lo stesso stupore di Giorgio che raggiunge Micol nel bassaniano Giardino dei Finzi Contini, e per la prima volta sperimenta quel nodo oscuro d’inquietudine che accompagnerà i suoi rapporti con la famiglia. Disfunzionale famiglia, potremmo dire con impietoso giudizio, dominata da una madre autoritaria e mascolina, Adelaide, che si allea con la figlia maggiore solo per criticare l’altra, Maria, e due sorelle che, pur non avendo interessi o amicizie comuni, ricercano “l’una nell’altra la parte mancante”.
Alfredo e Tommaso, da luoghi ed esperienze diverse, si muovono inesorabilmente uno verso l’altro ed entrambi verso una conclusione che si verificherà a due decenni di distanza, seguendo però una curva del tempo, mai sinestesico come tra queste pagine, che li condurrà a un nietzschiano “eterno ritorno”, l’unico possibile per consentire a fatalità e passività della ripetizione di inserirsi nel circolo ed assumere il carattere di assoluto.
Il tempo umano è fuori dell’ordinario e delle categorie narrative: si legge con lo slancio di un thriller e il raccoglimento dovuto a un romanzo psicologico di razza.
Dominato dal concetto di tempo, quello soggettivo, umano appunto, che a volte accelera e altre ristagna, assecondando la pienezza dei nostri sentimenti o la noia e l’insignificanza dei giorni. Pervaso dal dubbio – Nisini dopo la sua “trilogia dell’incertezza, non abbandona un tema che gli è precipuo -, di Tommaso che s’interroga su quanto la realtà sia controllabile o nasconda invece un intervento fatale; di Alfredo che nutre “un presentimento confuso, l’impressione di essere giunto al capolinea di una storia che qualcuno stava narrando per lui”. Assillato dall’amore, da un ideale di amore ricercato per tutta la vita, nella sua pienezza sfrontata e libera da pastoie morali, verticale nella passione e orizzontale nella speranza di durata, che accelera e rallenta dando senso ai giorni.
I personaggi di Nisini sono anch’essi fuori dell’ordinario, i due protagonisti di cui si è detto, ma anche le tante figure femminili, in primis Beatrice organizzata, disciplinata, impegnata, ma dalle frequenti “curve emotive”, e Maria, “l’innocente e perversa Maria”, che cattura Tommaso in una rete di seduzione disinibita e amore incondizionato.
Altrettanto incisivi i luoghi, da Viterbo mai nominata, dove Tommaso insegna all’università e incontra Beatrice e dove Alfredo Del Nord vive la sua passione tra la Dea Nigra e la villa del tempo, a Bari dall’energia malinconica e decadente che sembra rallentare il tempo, a Zurigo “città inafferrabile, dalla fisionomia insieme medievale e contemporanea”.
Giorgio Nisini dipana la sua storia con lessico privo di preziosismi d’effetto ma pervaso di sincerità evocativa. Uno stile senza tempo il suo, che ha il respiro dei grandi narratori italiani del secondo Novecento, penso a Carlo Cassola, a Giuseppe Berto, al già citato Giorgio Bassani, un respiro, il suo, e una profondità non così frequenti tra gli autori più giovani. Senza tempo il suo narrare, eppure intimamente intriso da assilli e contraddizioni di oggi, una stagione in cui ai più sfugge il senso dell’esistere e l’ingannevole confine tra reale e virtuale, sostanza e apparenza.
Forse per dirla con le parole di Alberto Moravia “la bellezza e grandezza di un romanzo derivano dalla forza, profondità, sincerità e pienezza del sentimento etico dello scrittore”. E questi talenti Giorgio Nisini li possiede tutti.
GIORGIO NISINI, nato a Viterbo nel 1974, ha insegnato per alcuni anni sociologia della letteratura all’Università La Sapienza di Roma, dedicandosi prevalentemente all’attività critica e saggistica. La passione per il cinema lo portava nel frattempo a scrivere una monografia dedicata a Robert De Niro (2004) e a collaborare con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, per la quale curava un ciclo d’incontri-intervista con alcuni protagonisti del cinema italiano contemporaneo – tra cui Vincenzo Cerami, Vittorio Storaro e Andrea Occhipinti – poi raccolti nel volume Saggi e dialoghi sul cinema (2006). Dal 2016 al 2019 è stato docente e ricercatore all’Università di Bari Aldo Moro, dove ha insegnato Letteratura italiana moderna e contemporanea. Dal 2019 insegna presso la Lumsa di Roma e coordina, per conto di Roma Lazio Film Commission e Fondazione Bellonci, il progetto L’immagine stregata.
Nel 2008 pubblica il suo primo romanzo, La demolizione del Mammut, con cui vince il Premio Corrado Alvaro Opera Prima e arriva tra i cinque finalisti del premio Tondelli. Il suo secondo romanzo, La città di Adamo (2011), viene selezionato tra i dodici finalisti della LXV Edizione del premio Strega. Nel 2015 esce La lottatrice di sumo, che insieme ai volumi precedenti compone quella che l’autore ha definito Trilogia dell’incertezza. Il suo quarto romanzo, Il tempo umano, è uscito nel 2020 per HarperCollins.
Nel 2011 fonda l’associazione Officina Mente, con cui realizza i progetti per le scuole Lo Smontalibri, insieme al giornalista Roberto Ippolito, Lavorare con i libri, lavorare con le storie e Poetica. Nel frattempo collabora con i festival culturali Pordenonelegge.it (2008), Piceno d’autore (2012) e Cubo Festival (dal 2016). Dal 2015 è co-direttore artistico del festival Caffeina e direttore artistico dell’Emporio Letterario di Pienza. È inoltre presidente del premio letterario Corrado Alvaro – Libero Bigiaretti e responsabile scientifico del progetto Juan Rodolfo Wilcock, organizzato dal comune di Lubriano (VT).
Giorgio Nisini – Il tempo umano
Giusy Giulianini