Giovanna Guarrasi, vicequestore aggiunto della Mobile di Catania, è la protagonista di una serie di successo edita da Einaudi che comprende Sabbia nera (2018), La logica della lampara (2019), La Salita dei Saponari (2020), L’uomo del porto (2021) e l’ultimo, appena uscito, Il talento del cappellano (2021).
Vanina è una gran donna, un personaggio che innamora: grintosa, determinata, è una combattente, una vera sbirra, e nel lavoro non è la femmina che deve farsi valere in un mondo maschilista. Nasconde le sue fragilità, che però emergono – divora dolci, fuma tantissimo, sotto stress e paura dimagrisce…il corpo non mente! -. L’autrice non la descrive fisicamente, ma ne scava a fondo carattere e personalità. È ancora vivo in lei il trauma di aver visto uccidere il padre ispettore, quando aveva solo quattordici anni, massacrato da killer di Cosa Nostra.
Nei libri precedenti, quando era in pericolo, gli uomini che l’amano, i collaboratori, la scorta e gli amici hanno fatto muro per difenderla e lei così si sente rassicurata e protetta.
Tutti i personaggi balzano vivi dalle pagine, li vediamo, li ascoltiamo, li sentiamo vivi e vicini: c’è la squadra dei poliziotti e Biagio Patané, il vecchio commissario acuto ed esperto cui subito ci affezioniamo; ci sono gli uomini che amano Vanina, Paolo Malfitano, magistrato della Dda di Palermo, ex compagno ora ricomparso nella sua vita, Federico, il patrigno, e Manfedi Monterreale, forse il futuro. Loro tenaci e lei sfuggente e confusa, così tosta nel lavoro, così indecisa nella vita privata.
Tra Natale e Capodanno siamo in una Catania con le pendici dell’Etna innevate: un duplice omicidio, con un cadavere che appare e poi sparisce in un albergo abbandonato, una tomba allestita con due cadaveri legati assieme da un nastro rosso, con vischio, stelle di Natale e lumini a decorare la macabra scena. Una dottoressa e un monsignore, uniti nella morte: “Il talento del cappellano” affronta un tema delicato e lo intreccia con un’indagine nell’ambito della criminalità mafiosa, che non sempre è colpevole di ogni reato che succeda in Sicilia, ma la cui ingerenza, il “fetore” è sempre percepibile. Vanina deve andare alla ricerca del punto oscuro nella vita delle vittime, in episodi del passato che chiariscono i fatti del presente.
L’autrice descrive un mondo dove convivono, accanto ai grandi crimini di mafia, la piccola delinquenza e i delitti della gente perbene, veri sepolcri imbiancati. Nel libro precedente, “L’uomo del porto” era il tema centrale, specchio della società siciliana.
Leggendo questi libri voliamo a Catania, una città affascinante, bellissima, con la sua Muntagna che domina e fornisce energia di fuoco agli abitanti: camminiamo nelle strade e nelle piazze, entriamo nei locali, sentiamo odori, sapori, suoni, sorridiamo per scene divertenti e battute argute tra i personaggi, tra parole, proverbi e modi di dire.
Il siciliano è così musicale che entra con naturalezza nelle orecchie e nel cuore dei lettori: sembra impensabile un libro ambientato in Sicilia senza la sua lingua, che la Cassar Scalia rende accessibile a tutti perché semplificata e mischiata abilmente nell’italiano.