Esce oggi L’amore del bandito, il nuovo romanzo della saga dell’alligatore.
In attesa di leggere la recensione, che pubblicheremo domani, ripercorriamo le vicende di Marco Buratti.
Massimo Carlotto, in un articolo apparso su L’espresso pochi giorni fa, ha dichiarato che si tratta di un’ideale seguito di Nessuna cortesia all’uscita e che ci regalerà una panoramica aggiornata sui vari sistemi mafiosi stranieri che dilagano in Italia.
Marco Buratti, detto l’alligatore, è un investigatore senza licenza, che ha attraversato, come avremo modo di dire, diverse avventure in compagnia dei suoi soci: Beniamino Rossini e Max la memoria.
Laurent Lombard, il traduttore francese ed eccellente studioso della poetica letteraria di Carlotto, chiama questi personaggi “marginali”.
Essi sono estraniati e non integrati volontariamente in un mondo che precipita, ma ben decisi a mostrare al lettore una verità scomoda che va detta e ribadita affinché non si addormentino le nostre coscienze.
Mostrare non significa fare una lezioncina morale banale al lettore ma, anzi, coinvolgerlo in un processo critico al reale che comprenda una presa di coscienza e di posizione forte rispetto ai radicali cambiamenti della società di questi ultimi anni.
Tutti i romanzi che hanno come protagonista l’alligatore, hanno una doppia chiave di lettura, che si esplicita in una riuscitissima fiction e una critica sociale spietata.
L’apparente semplicità nel tratteggiare i protagonisti sembra essere per Carlotto un modo per ridurre lo spazio tra parole e cose, e porci in diretta connessione con una realtà che ferisce e disturba.
Si tratta di raccontare un male onnipotente e onnipresente, che trova nella rivolta silenziosa fatta di atti concreti dei suoi personaggi, una scuola di disobbedienza attiva ad un sistema di valori fortemente contaminato dal malaffare.
La verità dell’Alligatore esce nel 1998 e opera una piccola rivoluzione nel panorama del noir nostrano.
L’intuito smagato dei “marginali” Buratti e Rossini fa piena luce sulla prima di una lunga serie di storie di uomini senza riscatto, vittime di ingranaggi legali.
La giustizia ordinaria trova nell’anello debole di una società che non perdona, ovvero un detenuto in permesso premio, l’ideale capro espiatorio per un oscuro doppio delitto maturato nella Padova bene.
I soci scavano e riescono a spogliare di tutte le ipocrisie la borghesia della città mettendone in luce i fitti scambi con la malavita, e i disperati tentativi di nascondere peccati e perversioni che valgono il sacrificio di un innocente. Nessun finale consolatorio, alla fine giustizia è fatta, ma i rancori cittadini costringeranno i soci a sparire dal giro.
Il mistero di Mangiabarche (1999) segue, come detto, la filosofia dell’alligatore, ovvero cambiare aria spesso, e non per vocazione ma per necessità, perché braccato.
L’azione si svolge tra la Sardegna e la Corsica, a Buratti viene chiesto di scagionare tre avvocati accusati ingiustamente di aver tolto di mezzo un loro collega.
L’escamotage narrativo offrirà a Carlotto la possibilità di scoperchiare un fogna a cielo aperto nella quale c’è seppellito un po’ di tutto.
Rancori cittadini, avvocati corrotti, melliflui funzionari del Sisde e una inquietante dark lady che manovra una gang spietata.
Un romanzo affollato di personaggi “secondari” indimenticabili che non offuscano la potenza evocativa dei tre soci ma, anzi, danno al lettore la possibilità di vedere i tre protagonisti alle prese con situazioni umane
drammatiche e crudeli che cementeranno il loro rapporto d’amicizia.
Nessuna cortesia all’uscita (2000) segna il ritorno in terra veneta dell’alligatore.
Tristano Castelli, nome di fantasia, dietro al quale facilmente si intuisce il vero boss della mala veneta, si trova in forte difficoltà nel gestire i parvenu del crimine, feroci e determinati nel prendere il potere: mafia russa e albanese.
Si vende così allo Stato innescando una serie di ripicche a catena che coinvolgeranno Marco e suoi soci.
Il corriere colombiano esce nel 2001. L’Alligatore qui alza il tiro, si scontra con il mondo del narcotraffico colombiano e gli spacciatori veneti. L’obiettivo come di consueto è quello di scagionare un innocente, non immacolato, ma pur sempre estraneo ai fatti.
Le vecchie regole sono saltate e il personaggio più a disagio in questi frangenti è il vecchio Rossini, che continua comunque nella sua azione di copertura a favore di Marco, sempre più disgustato dalla realtà che lo circonda.
Il maestro di nodi (2004) è un libro composito e di forte impatto emotivo per il lettore.
La scrittura “crudele” e senza fronzoli di Carlotto affronta la tematica complessa del mondo sadomaso, analizzandolo con serietà e senza morbosità, ma con l’intento preciso di metterne in evidenza i baratri di solitudine.
Romanzo interessantissimo, perché in sé contiene più anime, una di pura fiction anche se con stretti legami alla realtà, e una di presa diretta sul presente con chiari riferimenti ai fatti del G8.
Il marito di una donna scomparsa si rivolge a Marco per ritrovare la moglie coinvolta in un giro di orge e servizi fotografici proprio nell’ambito sadomasochista.
Ogni finale carlottiano sembra chiudere un cerchio, e questa scelta stilistica regala al lettore il senso di un’opera compiuta e indipendente da un seguito.
La vera “dipendenza” del lettore e la conseguente attesa di un nuovo episodio dell’alligatore nasce dalla voglia condivisa con il suo autore di gettare ancora una volta uno sguardo disincantato sulla realtà, vedere appunto” il mondo così com’è “.